Il principio di cassa nella contabilità aziendale

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La liquidità è al centro con il principio di cassa, un metodo di calcolo del reddito d’impresa che si concentra sugli aspetti finanziari della gestione aziendale. Il principio di cassa è solo uno dei criteri di contabilità, e segue regole ben precise. Approfondiamole insieme, e scopriamo quali strumenti ne semplificano ulteriormente la sua applicazione.

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Che cos’è il principio di cassa in contabilità?

In contabilità aziendale, il principio di cassa determina uno dei criteri di compilazione dei documenti contabili, come il bilancio d’esercizio o la dichiarazione dei redditi.

Le scritture contabili, specie quelle obbligatorie per legge, devono essere redatte secondo una serie di principi già indicati nel nostro sistema di leggi:

Così leggiamo nell’art. 2423 bis del Codice Civile.

La Legge di Bilancio 2017 ha però introdotto il principio di cassa, secondo cui – nella scrittura dei documenti contabili – bisogna tener conto dei costi e dei ricavi che hanno già avuto manifestazione finanziaria o, in altre parole, che hanno prodotto un movimento nel flusso di cassa, sia in entrata che in uscita. Parliamo, insomma, di incassi e pagamenti.

Del resto, il nesso tra costi e pagamenti, così come tra ricavi e incassi, non è sempre così stretto: gli aspetti finanziari e gli aspetti economici di un’azienda posano su piani diversi.

Una contabilità basata sul principio di cassa dà modo di conoscere il reddito e la disponibilità reale di un’impresa, ed è su questa informazione che viene calcolato in seguito il reddito imponibile.

Seguendo il principio di cassa, la liquidità aziendale si impone insomma come elemento centrale.

In che modo funziona il principio di cassa?

Per capire come funziona il principio di cassa, partiamo da un assunto: devi tenere conto delle operazioni che hanno generato movimenti di denaro.

Quindi, facendo un esempio, se hai acquistato delle materie prime senza averle ancora pagate – per specifici accordi di pagamento con il tuo fornitore – per il principio di cassa quel costo non va contabilizzato.

Allo stesso modo, una fattura al cliente non deve essere considerata, ai fini della contabilità, se prima non ne hai registrato l’effettivo incasso.

In altre parole, ciò che conta è il pagamento dei fornitori e l’incasso delle fatture. Tutto quello che rimane fuori da queste due operazioni non è rilevante nel calcolo del reddito d’impresa e dell’imponibile.

Un aspetto da considerare nella rilevazione secondo i principi di cassa è che l’operazione finanziaria deve essersi effettivamente conclusa per essere contabilizzata. Questo vuol dire che gli incassi sono considerati tali nel momento in cui entri in possesso del denaro corrispettivo; allo stesso modo, il pagamento è valido solo quando l’esborso è registrato sul tuo conto.

Per quanto superflua possa sembrare questa osservazione, in realtà è importante sottolinearla perché di frequente incassi e pagamenti hanno tempi diversi.

Per esempio, il pagamento in contanti, sia in entrata che in uscita, registra un movimento immediato nel flusso di cassa. I tempi si allungano invece con i pagamenti POS o con i bonifici bancari, e allo stesso modo funziona per i versamenti via assegno.

La prassi, in casi come questi appena citati, prevede allora che:

- per bonifici e pagamenti POS, la transazione venga registrata dopo l’accredito – o l’addebito – nel conto corrente

- per gli assegni, vale il momento in cui il titolo di credito arriva nelle mani del suo destinatario

Per il pagamento in contanti, invece, la procedura è semplice come abbiamo già menzionato qualche rigo sopra.

L’applicazione del principio di cassa, comunque, presuppone delle eccezioni (o deroghe) che interessano alcuni elementi del reddito d’impresa.

Principio di cassa, ammortamenti e accantonamenti

Ammortamenti e accantonamenti rappresentano in genere una parte consistente del bilancio aziendale.

I primi consistono nella distribuzione di un costo di produzione su più di un esercizio; gli altri invece sono una riserva finanziaria, una sorta di scorta probabilmente utile in futuro.

Questi elementi, che sono fondamentali nella gestione d’impresa, non possono essere contabilizzati secondo la logica del principio di cassa.

Facciamo l’esempio dell’ammortamento di un macchinario. Al momento dell’acquisto potresti aver registrato un esborso unico per affrontare la spesa, un unico pagamento al fornitore. Ma è un costo ammortizzabile perché il macchinario supporta la produzione nel corso di diversi esercizi.

In quel caso viene quindi prevista una deroga al criterio di cassa, così nella rilevazione del costo si seguirà il principio di competenza.

Lo stesso meccanismo si applica agli accantonamenti, soprattutto quelli obbligatori come la riserva legale. L’accantonamento non prevede un movimento di liquidità immediato: al massimo, sposterai il denaro dal conto dell’impresa al conto dell’accantonamento. Ciò nonostante le riserve consistono in una risorsa finanziaria non spendibile, se non nei casi previsti dallo statuto.

Gli accantonamenti richiedono così una deroga al principio di cassa, in favore del principio di competenza.

Le differenze con il principio di competenza

Principio di cassa e principio di competenza presentano differenze sostanziali nella compilazione dei documenti contabili. Si tratta di due criteri infatti in rapporto paradigmatico, vale a dire: uno esclude la presenza dell’altro, se non per le dovute eccezioni già menzionate.

Il principio di competenza infatti contabilizza i costi e i ricavi di competenza – appunto – dell’esercizio, anche se non si sono tradotti ancora in movimenti finanziari. Così, se hai acquistato una fornitura da utilizzare nel corso dell’esercizio, devi tenerne conto come costo di produzione anche se non l’hai ancora pagata.

In questo modo, il reddito d’impresa finisce per essere costituito dalle operazioni economiche, a prescindere dai loro effetti sul flusso di cassa.

Applicare il principio di competenza distoglie l’attenzione dalla liquidità vera e propria, sebbene per professionisti e PMI un tale approccio possa risultare particolarmente rischioso.

Quando si applica il principio di cassa in contabilità?

Il principio di cassa si applica solo in alcuni casi specifici.

A differenza del principio di competenza – che è considerato il criterio di riferimento nella contabilità aziendale, e che è obbligatorio per un gran numero di aziende – il principio di cassa ha in effetti un campo di applicazione ridotto.

In linea generale, possiamo definirlo come un’alternativa possibile, e senza dubbio preferibile, per le piccole imprese a contabilità semplificata. A poterlo applicare sono quindi:

  • società che offrono servizi e che contano un fatturato inferiore ai 400mila euro annui
  • attività commerciali con un fatturato sotto i 700mila euro all’anno
  • liberi professionisti, artisti e artigiani
  • ditte individuali e qualsiasi attività che rientri nel regime forfettario

Il regime di contabilità semplificata, pertanto, non impone il principio di cassa per la redazione dei documenti contabili; piuttosto ne permette l’applicazione, secondo quanto stabilisce la Legge di Bilancio 2017 già citata.

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La liquidità e il flusso di cassa sono elementi fondamentali per un’azienda, a prescindere dal principio contabile applicato per calcolarne il reddito.

Senza dubbio, però, il principio di cassa agevola le imprese ponendo la giusta attenzione sui movimenti monetari e le risorse finanziarie presenti in cassa.

Del resto, una delle principali cause di fallimento d’impresa rimane la crisi di liquidità, un chiaro indicatore di quanto sia importante partire dal denaro disponibile nella gestione operativa di un’attività.

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