Cosa dice il principio di competenza economica in contabilità

Tempo di lettura: 8 min.

Se l’azienda che gestisci segue un regime di contabilità ordinaria, hai l’obbligo di seguire il principio di competenza economica. Cosa si intende con competenza economica, e che effetto produce sulla gestione della tesoreria aziendale? In questo articolo approfondiamo un aspetto fondamentale della contabilità aziendale, analizzando il suo impatto sul controllo del flusso di cassa e cercando di capire come ridurlo.

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Principio di competenza economica, una definizione

Con principio di competenza economica si intende un criterio di redazione contabile che registra i costi e i ricavi di un’impresa in un dato periodo, anche quando questi non hanno prodotto – fino a quel momento – alcun movimento nella cassa aziendale.

In altre parole, è un principio che distingue tra le operazioni economiche e i movimenti di liquidità, e dà precedenza ai primi ai fini della redazione del bilancio d’esercizio – inteso qui come conto economico, stato patrimoniale ed eventuale nota integrativa.

Per il principio di competenza, quindi, non è necessario conoscere il valore dell’incasso, né tantomeno quello delle spese. La tesoreria aziendale passa così totalmente in secondo piano. Con tutte le conseguenze del caso.

Ciò nonostante, la grande maggioranza delle imprese italiane è tenuta a redigere la contabilità considerando soltanto costi e ricavi. La contabilità ordinaria, infatti, impone per legge di scrivere il bilancio secondo il principio di competenza economica, tanto che se ne trova riscontro già nel nostro Codice Civile, indicato all’art. 2423 bis tra i principi di redazione del bilancio.

Il principio di competenza economica è però solo uno dei principi su cui si basa la contabilità in azienda. Il che significa:

- ne esistono altri, che si applicano contestualmente a questo (e sono i principi di prudenza, realizzazione, continuità aziendale)

- ne esiste uno diametralmente opposto, che rientra nella contabilità semplificata (ovvero il principio di cassa).

In un regime di contabilità ordinaria il ricorso al principio di competenza è inevitabile.

I tre corollari del principio di competenza economica

Quando si parla di principio di competenza economica, è necessario tirare in ballo anche i suoi tre corollari. Tre regole, insomma, che forniscono delle linee guida da adottare nella redazione delle scritture contabili.

Vediamoli qui.

Primo corollario

Il primo corollario prevede che, nel conto economico, non si possano inserire costi e ricavi che non hanno avuto – nel corso dell’esercizio – una manifestazione economica.

Bisogna qui fare una piccola digressione.

I costi e i ricavi che non hanno prodotto movimenti nella cassa – così come abbiamo scritto tra le prime righe di questo articolo – sono operazioni che non hanno avuto manifestazione finanziaria.

È importante per questo saper distinguere tra operazioni finanziarie ed economiche all’interno della gestione aziendale. Le operazioni finanziarie hanno effetto sulla liquidità dell’azienda, mentre quelle economiche sui meccanismi di produzione.

Per fare un esempio, l’acquisto di materie prime in un dato periodo può avere una manifestazione economica immediata (se utilizzi subito quelle materie prime per produrre ciò che vendi), e una manifestazione finanziaria posticipata (se decidi di godere di una dilazione di pagamento).

Il primo corollario dice però che nel conto economico dell’esercizio vanno inseriti i costi e i ricavi che hanno avuto effetto in quel periodo di riferimento, a prescindere dai reali movimenti di liquidità che hai registrato.

Nel caso specifico del primo corollario si fa riferimento allora ai costi e ai ricavi con manifestazione economica parziale, o comunque che non si è esaurita nel corso di un solo esercizio.

Rientrano in questo meccanismo gli ammortamenti delle immobilizzazioni. Prendiamo come esempio il costo di un macchinario: lo hai pagato in un’unica soluzione, hai registrato un’uscita di denaro immediata dalle casse aziendali; eppure il suo costo non va imputato al bilancio di un solo esercizio, perché l’uso di un macchinario produce effetti economici che possono durare diversi anni. Perciò il costo del macchinario viene ammortizzato, ovvero distribuito nel corso degli anni.

In maniera simile accade alle materie prime che costituiscono rimanenze in magazzino: il loro effetto sulla produzione aziendale non si è ancora esaurito. Ciò nonostante vanno inclusi comunque nel bilancio d’esercizio.

Risconti attivi e risconti passivi, in quanto scritture di assestamento, rispondono a questo corollario.

Secondo corollario

Il secondo corollario è strettamente legato al primo. In buona sostanza, questa regola prevede che i costi e i ricavi rinviati all’esercizio successivo – come accade per i risconti – siano poi registrati effettivamente registrati.

In altre parole impone il ricorso alle scritture di rettifica, necessarie nella redazione di un bilancio aziendale completo e corretto.

Terzo corollario

Il terzo corollario del principio di competenza economica si concentra invece sui costi e ricavi che hanno avuto una certa manifestazione economica conseguita entro un dato momento, a prescindere dal loro impatto sulla cassa dell’azienda.

Per spiegarlo in parole ancora più semplici, prendiamo come esempio un costo di produzione – come può esserlo il pagamento di una fornitura – che viene distribuito nel corso di due esercizi e che prevede la maturazione di interessi.

In quel caso il costo di competenza di un esercizio è quello maturato entro la scadenza dell’esercizio, e questo vale anche se il costo effettivo è imputabile all’esercizio successivo (es. rata a febbraio con interessi maturati fino a quel momento) e anche se non è stato ancora registrato ancora alcun esborso.

Si parla in questo caso di scritture di assestamento e integrative, come lo sono i ratei attivi, i ratei passivi e gli accantonamenti come la riserva legale.

Chi deve applicare il principio di competenza economica?

Come abbiamo già scritto, il principio di competenza economica nel bilancio d’esercizio riguarda il regime contabile ordinario.

In quest’ottica, chi deve obbligatoriamente applicarlo nelle scritture contabili?

Secondo la normativa, sono tenute a seguire il principio di competenza economica tutte le imprese di servizi che superano un fatturato annuo di 400mila euro, e le attività commerciali che vanno oltre i 700mila euro.

Nel bilancio aziendale, quindi, questi soggetti devono tenere in considerazione le loro operazioni economiche anche quando non c’è stata manifestazione – fino a quel momento – finanziaria.

E tutti gli altri…?

Per tutti gli altri soggetti – e quindi imprese con un fatturato ridotto, attività commerciali che aderiscono al regime forfettario e liberi professionisti – la contabilità segue il principio di cassa.

Per capire la differenza tra principio di competenza e principio di cassa ci limitiamo, qui, a questo: nel principio di cassa, il reddito è determinato dai movimenti nella tesoreria, e perciò incassi e pagamenti assumono così un ruolo di rilievo; nel principio di competenza questo non accade.

L’approccio del principio di cassa pone l’attenzione sulla liquidità aziendale come vero indicatore di reddito di un’azienda.

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Un’azienda che presenta ricavi molto alti può pensare – erroneamente – di avere a disposizione molta liquidità in cassa rischiando così, per esempio, di lanciarsi in investimenti azzardati o in acquisti difficili da gestire sul piano della tesoreria.

In fondo, è la liquidità in cassa che orienta l’attività commerciale. Acquistare un bene, per esempio, senza disporre di risorse finanziarie adeguate, si traduce facilmente in debiti difficili da coprire, in richieste di finanziamento con interessi, e un capitale proprio che lentamente si prosciuga.

Se è vero che un regime di contabilità ordinaria prevede in certi casi che siano comunque documentati anche i movimenti finanziari – come succede con la prima nota – sul piano strategico è facile mettere in secondo piano un aspetto tanto importante come il flusso di cassa e le variazioni della liquidità.

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