Capitale proprio, che cos’è e come gestirlo

Non esiste attività economica che possa avviarsi senza un capitale proprio. Rientra infatti nella definizione di capitale proprio il conferimento di denaro (e non solo) che avviene già a partire dalla costituzione di una nuova impresa. Ma la questione va ben oltre la fase iniziale di una nuova attività. Man mano che un’azienda cresce, allo stesso modo si comporta il capitale proprio, che a quel punto deve essere calcolato includendo parte degli utili e sottraendo le perdite. Conoscere il valore del capitale proprio aiuta a comprendere a che punto è l’azienda, e se sono necessari finanziamenti esterni per poter crescere ancora. Quindi, come calcolarlo? E come evitare una sua possibile riduzione?
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Cos’è il capitale proprio di un’azienda?
Nel momento in cui viene costituita, un’azienda ha bisogno di denaro per far partire l’attività.
A seconda del tipo di attività economica, infatti, potrebbero essere necessari macchinari specifici, impianti, attrezzature di vario genere. Un imprenditore che vuole mettersi in gioco in una nuova attività a quel punto trova due strade davanti a sé. Può infatti:
- richiedere un finanziamento bancario;
- ricorrere a somme di denaro personali.
Questo secondo punto è quello di nostro interesse. Il capitale proprio è una risorsa finanziaria che arriva da fondi personali, che l’imprenditore mette a disposizione della sua azienda per tenerla in vita e farla crescere.
In altre parole, quando scegli di dare inizio a una nuova attività, investi in essa soldi tuoi che serviranno ad acquistare tutto quello che le serve.
Non si tratta però di un concetto che riguarda solo le aziende con un unico proprietario. Se la tua azienda nasce come società, ogni conferimento che arriva da un socio è anch’esso capitale proprio. Con l’unica differenza che in quel caso si parlerà di capitale sociale.
Ad ogni modo, la logica alla base è sempre la stessa. Ovvero: l’azienda ha bisogno di un capitale iniziale, questo arriva da chi la vuole costituire.
Il capitale proprio e le sue variazioni
Superata la fase iniziale – ovvero quella in cui l’impresa viene costituita –, l’andamento della tua azienda andrà a influire sul capitale proprio.
Per spiegarlo in altre parole, possiamo dire che il capitale proprio varia in base ai profitti o alle eventuali perdite di un’azienda.
- se la tua impresa è in profitto, il capitale proprio può crescere di pari passo all’utile.
- se la tua impresa è in perdita, il capitale proprio diminuisce minacciando la sopravvivenza dell’impresa stessa.
E il motivo è molto semplice. Un’azienda in profitto può utilizzare parte degli utili per accrescere il capitale proprio. Al contrario, un’azienda in perdita deve per forza attingere al capitale proprio per riuscire ad autofinanziarsi.
Molto spesso, chi gestisce un’azienda in perdita sceglie di ricorrere a finanziamenti bancari per evitare che il capitale proprio diminuisca eccessivamente.
Ma la gestione di un finanziamento – che costringe gli imprenditori a dover far fronte a spese extra, come tassi di interesse, commissioni, polizze assicurative, ecc. – può rivelarsi fatale per un’azienda che è già claudicante di suo.
Pertanto diventa fondamentale il raggiungimento di un certo equilibrio, che permetta all’azienda di sopravvivere anche quando il profitto diminuisce in maniera sostanziosa.
Cosa comprende il capitale proprio di un’impresa già avviata?
Come abbiamo detto poco sopra, il capitale proprio aumenta o diminuisce in base all’andamento degli affari.
Questo accade perché, mentre in fase iniziale il capitale proprio si compone solo dei conferimenti di chi ha dato vita all’impresa economica, in seguito questo valore si estende, includendo anche altre risorse finanziarie.
In tal senso, sarebbe più corretto suddividere il capitale proprio in componenti diversi: il capitale d’apporto, quindi le risorse messe a disposizione in fase iniziale da chi gestisce l’attività; il capitale di risparmio, ovvero la parte di utili che non viene prelevata dall’imprenditore o dai soci.
Fanno parte del capitale di risparmio anche le riserve (o fondi di riserva), che sono fondi da utilizzare per scopi ben precisi, e che fungono da “rete di sicurezza” per far fronte a eventuali momenti di crisi, qualora dovessero arrivare.
Ci riferiamo in particolare alle riserve obbligatorie per legge, definite anche riserve legali, ma anche alle riserve statutarie (e quindi stabilite dai soci nello statuto) e a quelle straordinarie che vengono costituite a seguito di esigenze particolari.
I fondi di riserva della tua impresa vanno calcolati di anno in anno in base all’utile. Così facendo, avrai un capitale proprio che può crescere o diminuire a seconda dei risultati che hai raggiunto con la tua attività.
Il ruolo del capitale di debito nel calcolo del capitale proprio
Tra le risorse finanziarie che servono al sostentamento dell’impresa, è facile trovare finanziamenti bancari o somme che arrivano da investitori. Sono – anche queste – risorse a supporto di un’attività economica. Ma con una differenza sostanziale: il capitale che arriva da soggetti terzi, che sia una banca o un investitore, deve essere rimborsato entro una data precisa.
Si parlerà allora di capitale di debito, che va distinto dal capitale proprio per via delle modalità con cui deve essere gestito. Confondere capitale proprio e capitale di debito considerandoli come un capitale unico e inscindibile, porta spesso gli imprenditori a commettere passi falsi.
Perché se è vero che entrambe le risorse servono a finanziare il tuo business, il capitale di debito prevede un flusso di denaro in uscita che potrebbe influenzare negativamente la gestione della liquidità.
In altre parole, se chiedi supporto economico a banche e investitori, prima o poi dovrai restituire i soldi che hai ricevuto. Il capitale proprio invece – soprattutto quando è ben gestito – rimane nelle tue mani, pronto a essere investito nella tua azienda in qualunque momento.
Di conseguenza, un’attività economica può dirsi di successo se accresce il suo capitale proprio senza ricorrere a finanziamenti da parte di soggetti terzi. L’obiettivo a cui puntare è quindi un livello molto basso di capitale di debito.
Riuscire ad azzerarlo è infatti difficile, perché nel capitale di debito rientrano anche le dilazioni di pagamento che ti vengono concesse dai fornitori.
Considera questo: quando posticipi il pagamento di un fornitore, hai l’impressione di avere più denaro a disposizione nelle tue casse. Ma si tratta comunque di denaro che devi spendere entro una certa scadenza, pertanto farà invece del capitale di debito.
È chiaro quindi che anche un’impresa che gode di ottima salute finanziaria avrà una parte di capitale di debito. Quello che conta è riuscire a mantenerlo al minimo.
Riassumendo quanto finora detto, il capitale di debito gioca un ruolo fondamentale nel calcolo del capitale proprio. All’apparenza, infatti, pare che aiuti ad aumentarlo; nella realtà dei fatti, invece, compromette la gestione delle finanze aziendali.
Se vuoi salvaguardare la tua azienda, devi imparare a raggiungere una situazione di equilibrio.
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Come calcolare il capitale proprio senza fare errori
Per calcolare il capitale proprio senza commettere alcun errore, è importante distinguere tra risorse economiche proprie dell’azienda e risorse che arrivano da banche o investitori.
Come già dicevano, sia i conferimenti dei soci sia quelli degli investitori sono destinati al finanziamento della tua attività. Per questo, fanno parte del patrimonio netto registrato come passività nello stato patrimoniale. Ma il capitale proprio è costituito soltanto dalle risorse che non devono essere rimborsate e che, per questo, rimangono di proprietà dell’azienda.
Per conoscere il valore del capitale proprio della tua impresa devi prima sommare:
- i tuoi conferimenti o quelli di tutti i soci;
- i fondi di riserva obbligatori per legge;
- eventuali riserve facoltative.
A questi tre elementi bisogna sottrarre poi il capitale di debito, ovvero la somma dovuta a soggetti terzi, che siano banche, investitori, fornitori, e così via.
Dunque, per riassumere, la formula per calcolare il capitale proprio sarà: capitale proprio = conferimenti + riserve legali + eventuali riserve facoltative – debiti e perdite d’esercizio
Calcolare il capitale proprio è più semplice quando si tratta di un’impresa individuale di piccole dimensioni. Ma potrebbe diventare sempre più complicato, man mano che la tua azienda cresce.
Per questo è importante controllare costantemente le entrate e le uscite che interessano la tua attività, così da evitare di ritrovarti in poco tempo a corto di liquidità.
Può infatti succedere che il capitale proprio che emerge dal calcolo che ti abbiamo proposto risulti in negativo. Questo vuol dire che la tua azienda si finanzia soprattutto tramite capitale esterno, quindi finanziamenti e investitori.
Una situazione di questo tipo, a lungo andare, compromette inevitabilmente l’azienda. Il valore del capitale proprio deve quindi mantenersi a un livello maggiore rispetto al capitale di debito. Il che si traduce in un risultato positivo dopo aver applicato la formula proposta qui sopra.
Come evitare che il capitale proprio diminuisca
Il patrimonio netto di un’azienda è inevitabilmente oggetto di variazioni nel corso del tempo. Una diminuzione sostanziale però rischia di mettere in pericolo il capitale proprio della tua attività.
Come più volte abbiamo spiegato in questo articolo, il capitale proprio con i suoi fondi di riserva serve al finanziamento dell’azienda. Per questo, bisogna puntare a un equilibrio tra attività e passività, o per lo meno cercare di far crescere le attività mantenendo le passività a un livello sostenibile.
Al di là delle strategie specifiche che potresti attuare per garantire alla tua azienda un rendimento positivo, è di fondamentale importanza imparare a gestire le finanze dell’azienda.
Tenere sotto controllo le entrate e le spese, inclusi i debiti verso i fornitori e qualsiasi altra voce relativa al cash flow, è un punto di partenza da non sottovalutare.
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