Che cos’è lo stato di insolvenza

Tempo di lettura: 6 min.

Una delle condizioni che porta un’azienda al fallimento è rappresentata dalla sussistenza di uno stato di insolvenza da parte dell’imprenditore. Ma di che cosa di tratta? Quali sono le cause che determinano lo stato di insolvenza e quali gli elementi utili per poterlo connotare correttamente? In questo articolo proveremo a rispondere a queste domande, evidenziando le ultime novità normative sull’argomento.

Vuoi sapere tutto sul nuovo Codice della Crisi d'impresa e come essere in regola? Scarica subito il nostro white paper gratuito!

IT - CTA - Whitepaper Crisi d'impresa

Cosa vuol dire insolvenza

Se sei un imprenditore sai bene che contrarre dei debiti è un processo inevitabile quando si gestisce un’attività. Prima o poi, durante il corso della vita aziendale, succede di dover bussare alle porte di una banca per chiedere un prestito. E fin qui, non c’è nessun problema.

I problemi iniziano quando i debiti sono troppi ed esiste il rischio effettivo, di fronte a un ammontare alto di passività, di non riuscire a soddisfare i creditori. È in questi casi che si prospetta il rischio di insolvenza, ovvero la situazione in cui un imprenditore non riesce più a pagare regolarmente i propri debiti. Situazione che, se non affrontata subito con i giusti strumenti, rischia di trasformarsi in fallimento aziendale.

È importante sottolineare che lo stato di insolvenza, presupposto del fallimento, si dichiara qualora la difficoltà al pagamento sia considerata irreversibile.

L’art. 5 della Legge Fallimentare (R. D. 16 marzo 1942 n. 267) parla chiaro a questo proposito, stabilendo che “lo stato di insolvenza si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

Uno degli elemento più importanti su cui concentrare l’attenzione è l’avverbio “regolarmente”. Premesso che non si può parlare di insolvenza se l’imprenditore ha una momentanea difficoltà a soddisfare una singola obbligazione, o poche obbligazioni in un lasso di tempo limitato, l’utilizzo di tale avverbio indica non solamente l’incapacità del debitore di far fronte alle obbligazioni in occasione delle previste scadenze, bensì anche alla sua incapacità di ripagare i debiti con mezzi normali, ovvero in relazione all’ordinario esercizio di impresa.

Lo stato di insolvenza va inteso, inoltre, come incapacità non solo passata ma anche e soprattutto futura di pagare i propri debiti. Si riferisce tipicamente all’imprenditore, ma, attenzione, la sua sussistenza è sganciata dall’analisi di meri dati di bilancio: lo stato di insolvenza potrebbe tranquillamente non verificarsi in presenza di una evidente crisi di liquidità, qualora l’imprenditore avesse, per esempio, ancora sufficiente credito presso le banche e fosse quindi in grado di ottenere in qualunque momento la liquidità necessaria per pagare i propri debiti.

Che cosa porta l’azienda a finire in uno stato di insolvenza?

Le cause che possono spingere un’azienda in uno stato di insolvenza possono essere numerose.

Normalmente vengono suddivise:

Esterne, come nel caso di:

  • cambiamenti del mercato di vendita;
  • una crisi economica;
  • in presenza di una maggiore efficienza dei competitor;
  • l’ingresso nel mercato di startup innovative;
  • cambiamento delle norme giuridiche.

Interne, in questo caso rientra tutto ciò che può essere attribuito a errori di gestione o di pianificazione. Come succede in presenza di:

  • personale poco qualificato;
  • mancanza di un sistema di pianificazione e controllo;
  • inadeguatezza della struttura organizzativa.

IT - WP previsione di cassa

Nuova legge sulla crisi di impresa

Interessanti novità in materia di insolvenza sono previste dal nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, che entrerà in vigore il 15 luglio 2022 e che rivoluziona il concetto di crisi aziendale fino ad oggi prevalente. Tutto parte dall’idea che lo stato di crisi sia un fenomeno fisiologico, che può verificarsi nel corso della vita dell’impresa. Ed in quanto tale non solo è evitabile, ma qualora impossibile da schivare, debba essere superato attraverso una serie di interventi interni all’impresa stessa.

All’art.2 del CCI, la crisi viene definita “come lo stato di squilibrio economico-finanziario che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate”.

Lo squilibrio economico-finanziario di cui fa cenno il legislatore è quello che si presenta a livello di gestione tipica del business. E che si concretizza quando i flussi di cassa operativi non permettono di fronteggiare le obbligazioni pianificate nei successivi sei mesi.

Altra grande novità, viene poi definitivamente eliminato il termine “fallimento’’ e sostituito con l’espressione liquidazione giudiziale. Un cambio di rotta che prende le mosse dal tentativo di evitare il discredito legato all'imprenditore insolvente. All’interno della nuova normativa, infatti, non è l’imprenditore a essere centrale, ma il processo per evitare l'insolvenza.

D’altro canto, per quelle situazioni irrimediabilmente compromesse, il legislatore punta a ridurre i tempi e la burocrazia che hanno da sempre caratterizzato i fallimenti d’impresa, garantendo, al contempo, ai creditori l’ottenimento di un, seppur parziale, soddisfacimento del proprio credito.

Insolvenza: quando scatta l’allarme

Abbiamo visto che cosa si intende per insolvenza e quali sono alcune delle possibili cause. Ma quali sono gli elementi che fanno scattare l’allarme, ovvero quali sono i segnali che accendono una spia rossa sull’impotenza patrimoniale di un’impresa? In linea generale, la situazione appare compromessa quando, per esempio, le banche respingono la richiesta di nuovi finanziamenti, o quando i pagamenti sono effettuati con mezzi non normali o non sono più effettuati, o ancora quando vi sono sono gravi inadempimenti.

A questo proposito, il nuovo Codice della crisi d’impresa individua altri elementi che possono delineare la strada per l’insolvenza, ovvero:

  • debiti per retribuzioni scaduti da 30 trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare mensile delle retribuzioni;
  • debiti verso fornitori scaduti da 90 giorni e di importo superiore ai debiti non scaduti;
  • esposizioni bancarie e finanziarie scadute da 60 giorni, o superiori (da 60 giorni) al limite degli affidamenti se superiori al 5% del totale delle esposizioni.

IT - CTA - Cash flow previsionale

Attenzione ai flussi di cassa, Agicap semplifica la gestione della tesoreria

Lo stato di insolvenza, abbiamo visto, nasce da un’incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni a causa di un flusso di cassa insufficiente. Situazione che va sempre evitata attraverso una gestione della liquidità attenta ed efficiente.

Solo tenendo sotto controllo il cash flow e mettendo a punto un sistema di previsioni affidabile della tesoreria potrai avere una visibilità migliore sui flussi di cassa attuali a fronte delle previsioni formulate. Ciò permetterà di identificare a monte gli scostamenti di tesoreria in grado di pregiudicare le finanze aziendali, e quindi, di intervenire in maniera veloce e puntuale per riportare i conti in equilibrio.

Per farlo, hai mai pensato di usare un software per la gestione dei flussi di cassa?

Agicap semplifica la gestione del cash flow permettendoti di monitorare i movimenti di liquidità in totale autonomia anche quando non sei in ufficio. Inoltre, grazie al sistema di previsione di tesoreria potrai pianificare spese e investimenti futuri a partire dalla liquidità dell’esercizio in corso.

Il tutto con un enorme risparmio di tempo: Agicap registra infatti i dati in automatico – collegandosi direttamente ai tuoi altri gestionali (fatturazione elettronica, software di contabilità e CRM) e ai tuoi conti bancari – e ti dà accesso in tempo reale a un quadro generale della liquidità della tua azienda.

Vuoi provarlo? Inizia con una demo gratuita! IT - CTA - Demo


Iscriviti alla nostra newsletter

Potrebbe interessarti anche