Attivo circolante, cosa si intende e cosa comprende

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L’attivo circolante è una delle sezioni principali dello stato patrimoniale. Include però soltanto una parte degli asset aziendali, che si distingue dalle altre per le tempistiche di “realizzo”. In ambito contabile, la vera sfida è individuare la differenza tra attivo circolante, attivo corrente e capitale circolante: trattati spesso come sinonimi, hanno in realtà significati diversi. In questo articolo cercheremo di vederli uno per uno.

Che cos’è l’attivo circolante?

L’attivo circolante è una sezione dello stato patrimoniale che è inclusa tra le attività, ovvero gli impieghi in cui vengono investite le risorse finanziarie.

Come forse già saprai, le attività patrimoniali di un’impresa sono quelle su cui si concentrano le risorse che arrivano dalle fonti di finanziamento – ergo dalle passività: patrimonio netto, debiti, fondi rischi e oneri e TFR. In altre parole, dalle passività arrivano le risorse che vengono investite nelle attività.

L’attivo aziendale sarà così composto da attività “realizzabili” entro un certo periodo, il che significa che possono tornare con il tempo in forma di liquidità aziendale. Nel caso specifico dell’attivo circolante, gli impieghi hanno la caratteristica di essere liquidabili nel breve periodo, per esempio entro dodici mesi o entro l’esercizio in corso.

L’art. 2424 del Codice Civile, che disciplina la struttura dello stato patrimoniale, separa perciò in sezioni diverse attivo circolante e attivo immobilizzato. Quest’ultimo (inteso come l’insieme delle immobilizzazioni) fa capo alla voce B; l’attivo circolante invece alla voce C.

Il criterio di classificazione riguarda comunque – come abbiamo già menzionato sopra – il tempo che serve perché l’investimento si “realizzi”, ovvero torni liquidabile; la differenza tra attivo circolante e immobilizzazioni risiede lì.

Con attivo circolante intendiamo, perciò, investimenti a rapido ciclo di reintegro, che tornano come liquidità entro breve tempo.

Attivo circolante e attivo corrente

Un aspetto su cui vale la pena soffermarsi è la distinzione tra attivo circolante e attivo corrente; una distinzione che non sempre viene registrata in ambito contabile.

In verità, attivo circolante e attivo corrente sono per lo più considerati sinonimi: in entrambi i casi parliamo sempre di investimenti facilmente liquidabili. Pertanto sono espressioni intercambiabili nell’ambito della contabilità aziendale.

Va detto però che lo stato patrimoniale riclassificato include nell’attivo circolante anche i ratei attivi e i risconti attivi, per la loro natura di liquidità differita. Lo stesso non succede nello stato patrimoniale ufficiale civilistico, che invece mette i ratei e i risconti in una sezione a parte dell’attivo, alla voce D.

Per convenzione, allora, si utilizza attivo corrente in riferimento agli investimenti realizzabili entro dodici mesi come previsto dallo stato patrimoniale riclassificato. Vedremo in seguito nel dettaglio quali sono le voci dell’attivo corrente.

Il capitale circolante è la stessa cosa?

Anche in questo caso – utilizzando come riferimento la terminologia tipica dell'economia aziendale – bisognerebbe considerare attivo circolante e capitale circolante come sinonimi.

In realtà esiste tra le due espressioni una differenza sostanziale, che possiamo comprendere meglio guardando alla terminologia anglosassone. L’attivo circolante è infatti da intendere come current assets, letteralmente «impieghi correnti».

Il capitale circolante invece corrisponde al working capital, ovvero al capitale operativo; in altre parole rappresenta la somma delle risorse che servono per sostenere le attività operative dell’azienda.

Il working capital, nello specifico, va calcolato a partire dall’attivo corrente secondo la formula:

attivo corrente – passivo corrente = working capital

Per questo motivo, in italiano è più corretto parlare di capitale circolante netto, ovvero la somma delle risorse che finanziano le attività operative – al netto dei debiti a breve termine e di ratei e risconti passivi. Il capitale circolante netto è uno degli indici di liquidità.

Quali sono le voci dell’attivo circolante?

Secondo quanto stabilisce l’art. 2424 del Codice Civile, l’attivo circolante include le voci:

  • rimanenze in magazzino, quindi materie prime, ma anche merce invenduta o ordinata
  • crediti esigibili nel breve periodo verso i clienti, verso imprese collegate, crediti tributari o altri crediti
  • attività finanziarie che non sono immobilizzazioni, come partecipazioni in titoli o derivati finanziari
  • disponibilità liquide immediate, ovvero liquidità in cassa o sui conti bancari

Il totale delle somme riferite a queste voci rappresenta il totale dell’attivo circolante.

Cosa fa parte dell’attivo corrente?

Come abbiamo già detto, si parla di attivo corrente nell’ambito dello stato patrimoniale riclassificato. In questo scenario, le voci dell’attivo corrente differiscono da quelle dell’attivo circolante.

In breve, possiamo includere nell’attivo corrente:

il che può essere tradotto facilmente in:

  • rimanenze in magazzino
  • crediti finanziari
  • crediti commerciali
  • ratei e risconti attivi
  • liquidità in cassa
  • denaro nei conti bancari

a cui si aggiunge un fondo di svalutazione dei crediti, laddove necessario.

Come calcolare il flusso di cassa operativo a partire dalle attività correnti

Al centro della distinzione tra attivo immobilizzato e attivo circolante c’è soprattutto l’importanza della liquidità per un’azienda.

La liquidità è il fulcro di un’impresa.

Perché un’attività imprenditoriale funzioni è necessario che abbia liquidità a sufficienza per potersi mantenere nel lungo periodo. Per questo è importante saper distinguere tra gli impieghi che non portano liquidità immediate e quelli che invece fanno girare il denaro nella cassa aziendale.

L’attivo aziendale è in relazione diretta con il cash flow, e in particolare con il cash flow operativo. Per calcolare il flusso di cassa operativo, per esempio, bisogna conoscere il valore del capitale circolante netto, quindi la differenza tra attivo corrente e passivo corrente.

L’analisi della tesoreria aziendale, perciò, può essere svolta anche tenendo conto dell’attivo circolante, così come registrato nello stato patrimoniale.

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