Plusvalenza, o capital gain. Come funziona e come gestirla?

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La plusvalenza, intesa come capital gain o guadagno in conto capitale, ha un impatto diretto sul reddito dell’azienda. Per questo motivo va gestita con attenzione, a partire da un monitoraggio accurato e dal calcolo corretto dell’imposta sostitutiva. Scopriamo di più in questo articolo.

Cosa vuol dire plusvalenza? Significato in breve

La plusvalenza, nota anche come capital gain, rappresenta la differenza positiva tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto di beni immobili o di securities – ovvero gli asset finanziari fungibili, negoziabili e soggetti a compravendita. In altre parole si tratta di un guadagno (gain) di capitale, dovuto all’aumento di valore di un asset su cui la tua azienda ha investito.

In ambito aziendale, la plusvalenza si rivela perciò uno straordinario strumento di investimento, perché permette di generare ulteriori profitti senza che sia necessario aumentare le entrate (puntando a un numero più alto di vendite) o ridurre le spese dell’azienda (tagliando sui costi).

Se guardiamo alla gestione finanziaria di un’impresa – ma anche soltanto ai movimenti che rientrano nel free cash flow from investing – ci accorgiamo subito di quanto grande sia l’impatto delle plusvalenze (e delle minusvalenze, che vedremo dopo) sul reddito aziendale. Strumenti finanziari come azioni, obbligazioni e derivati sono perciò elementi-chiave nel percorso di crescita aziendale: la plusvalenza, in questo scenario, è ciò che rende possibile un aumento significativo del profitto dell’impresa.

Dunque, ogni volta che registri una differenza positiva tra il prezzo di vendita (o rimborso) di uno strumento finanziario e il suo prezzo di acquisto o sottoscrizione, vuol dire che hai ottenuto un guadagno dalla cessione di attività finanziarie. In altre parole, una plusvalenza.

Minusvalenza e plusvalenza, le differenze

Se la plusvalenza rappresenta la differenza positiva tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto di un asset finanziario, la minusvalenza invece indica una perdita patrimoniale.

In altre parole, la minusvalenza (o capital loss, appunto perdita di capitale) è la differenza negativa tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita di un asset. Differenza che può sorgere, per esempio, dalla svalutazione di un asset, dal deprezzamento del suo valore di mercato o – più in generale – dalla vendita a un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto.

Dal punto di vista dei profitti, le minusvalenze non rappresentano certamente un evento auspicabile. Una perdita di valore di un asset finanziario appena venduto o ceduto si traduce, in automatico, in una riduzione del patrimonio netto dell’azienda.

Del resto, costruire una strategia di crescita attorno alle plusvalenze è comunque un’operazione rischiosa, perché il valore delle attività finanziaria può variare – anche di molto – nel tempo. Il mercato è soggetto a fluttuazioni continue di cui bisogna saper tenere conto.

È anche vero però che le minusvalenze hanno un impatto positivo sulla tassazione delle plusvalenze. Le minusvalenze, infatti, possono essere utilizzate per compensare le plusvalenze e, in generale, i guadagni di capitale di un’impresa. In questo modo, aiutano a ridurre il carico fiscale, perché diminuiscono il valore dell'imponibile fiscale e, di conseguenza, anche l'importo delle tasse da pagare.

Come si calcola la plusvalenza?

Per calcolare la plusvalenza di un asset finanziario, è necessario innanzitutto conoscerne il prezzo di acquisto; il prezzo di acquisto è il punto di partenza di questo calcolo. Successivamente bisogna guardare al prezzo di vendita, ma anche a commissioni, tasse, spese sostenute durante l’operazione di acquisto.

Commissioni e spese incidono infatti, com’è ovvio, sul valore finale della plusvalenza, e lo stesso vale per la tassazione che si applica sul guadagno che hai ottenuto.

Puoi fare un calcolo delle plusvalenze in due modi: calcolando il rendimento assoluto, oppure il rendimento percentuale. Nel primo caso, basta seguire la formula:

prezzo di vendita - prezzo di acquisto (+ commissioni + tasse + spese)

= plusvalenza o minusvalenza, in caso di differenza negativa

Per conoscere il rendimento percentuale, invece, la formula è questa:

prezzo di vendita - prezzo di acquisto onnicomprensivo/ prezzo di acquisto onnicomprensivo

= plusvalenza (o minusvalenza) percentuale

Calcolare le plusvalenze è fondamentale se vuoi comprendere la situazione finanziaria della tua azienda, e così pianificare le future strategie di investimento.

Plusvalenza in bilancio, dove inserirla?

Trattandosi di un elemento chiave per valutare il reddito d’impresa, la plusvalenza va registrata nel bilancio civilistico. In particolare, è necessario inserirla all’interno del conto economico, nella sezione dedicata a proventi e oneri finanziari.

È importante, in questa fase, sottolineare che la sezione del conto economico varia in base alla tipologia di plusvalenza, o meglio: a seconda del tipo di evento da cui ha origine. Possiamo infatti distinguere tra le plusvalenze ordinarie e le plusvalenze straordinarie.

Le plusvalenze ordinarie vanno incluse nella sezione A) Valore della produzione, alla voce “altri ricavi e proventi”. Le plusvalenze straordinarie, invece, vanno nella sezione E) Proventi e oneri straordinari, alla voce “proventi”.

La tassazione sul capital gain: quanto si paga sulla plusvalenza?

Come abbiamo già accennato, le plusvalenze sono soggette a tassazione, ma i tassi applicati sul guadagno in conto capitale (ovvero il capital gain) possono variare notevolmente.

In Italia, per le plusvalenze è prevista un’aliquota del 26%. In altre parole, l’imposta sostitutiva del capital gain è pari al 26% del suo valore complessivo. Però, se la plusvalenza è il risultato della cessione a titolo oneroso di titoli di stato, di BOT, di BTP, di CCT o di CTZ, la tassazione è agevolata: l’imposta sostitutiva sarà allora pari al 12,5% del valore complessivo. Lo stesso succede con i titoli emessi da enti locali, o titoli di stato emessi in paesi che fanno parte della cosidetta “white list”.

Tuttavia – e lo abbiamo già spiegato – se si verificano minusvalenze, queste possono essere utilizzate per ridurre il carico fiscale sulle plusvalenze. In altre parole, le minusvalenze possono essere compensate con le plusvalenze, finendo per ridurre l'imposta totale da pagare. Questa possibilità, però, è aperta soltanto a chi ha generato plusvalenza dalla cessione di azioni, obbligazioni e altre security. Le security infatti sono strumenti che producono redditi diversi di natura finanziaria, così come stabilito dall’art. 67 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi).

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Una gestione corretta delle plusvalenze è una pratica necessaria anche ai fini della tassazione: tenere traccia di tutte le plusvalenze e minusvalenze è fondamentale se vuoi evitare problemi con le autorità fiscali.

Ma non si tratta soltanto di questo.

La gestione delle plusvalenze è anche, di fatto, gestione di risorse finanziarie “extra” che incidono sul reddito e sul cash flow dell’azienda. Un lavoro che va svolto con estrema attenzione, perché è proprio da un monitoraggio accurato dei flussi monetari in entrata che è possibile orientare le strategie di crescita di un’azienda.

Tenere traccia di ogni movimento finanziario, in modo preciso e costante, può trasformarsi però in un dispendio di tempo e fatica talvolta ingestibile – specie per imprese medio-grandi, con flussi che arrivano anche da attività finanziarie. Insomma, il monitoraggio delle plusvalenze può rivelarsi un processo complicato e impegnativo, che richiede con forza tempo e risorse.

In questo scenario, affidarsi a uno strumento innovativo e semplice come Agicap è allora la soluzione ideale. Agicap infatti ti aiuta a tenere sotto controllo tutte le entrate e le uscite, incluse le plusvalenze e le minusvalenze. Grazie al software potrai finalmente ottenere una visione completa della situazione finanziaria dell'azienda, e amministrare al meglio la liquidità che hai a disposizione.

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