“Chi non risica non rosica”, dice un vecchio proverbio. Tradotto: non si ha successo senza rischiare. Mai un proverbio appare tanto azzeccato quando si tratta di investimenti aziendali. Spendere liquidità per acquistare un bene necessario alla crescita (che sia un macchinario, un capannone, un mezzo di trasporto…) è una delle carte in mano agli imprenditori per aumentare le dimensioni aziendali. Si tratta tuttavia di una carta rischiosa. Può succedere, infatti, che il bene su cui si è investito perda valore rispetto alla quantità di denaro tirato fuori per acquistarlo. Si dice in questi casi che ci sia una minusvalenza, intendendo con questo termine una perdita subita quando un bene, qualunque sia la sua natura, perde valore nel tempo. In questo articolo analizzeremo nel dettaglio che cosa prevede il fisco in caso di perdite e come è possibile sfruttare questa situazione per pagare meno imposte.
Cosa vuol dire minusvalenze?
Il termine minusvalenza (in inglese capital loss) indica la differenza negativa in un arco di tempo del valore di un’attività finanziaria o reale. Questa perdita non si manifesta fino a quando l'asset non viene venduto a un prezzo inferiore rispetto al prezzo di acquisto originale. Nel caso contrario, ovvero nel caso di vendita a un prezzo superiore rispetto al valore contabile, si realizzerebbe una plusvalenza (capital gain).
Parlare di minusvalenze e plusvalenze vuol dire in sostanza analizzare nel corso di un periodo più o meno lungo il valore economico di un investimento. Ad esempio, se un imprenditore ha acquistato un capannone per 250.000 euro e lo ha venduto cinque anni dopo per 200.000 euro, l'investitore ha riportato una perdita, ovvero una minusvalenza di 50.000 euro
Come si effettua il calcolo della minusvalenza
Il calcolo delle minusvalenze è piuttosto semplice.
Minusvalenza (o Plusvalenza) = Prezzo vendita − Valore contabile cespite
Se il risultato di questo calcolo è positivo, si realizza una plusvalenza; nel caso contrario, ovvero se il dato finale è negativo, ci si troverà di fronte a una minusvalenza.
Come funzionano le plusvalenze e le minusvalenze?
Al di là della loro rilevanza nel momento in cui si effettua la vendita di un asset, i concetti di minusvalenze e plusvalenze hanno rilevanza ai fini del pagamento delle imposte.
Secondo il fisco italiano:
- le plusvalenze sono tassate con l'aliquota del 26% (salvo titoli di Stato e assimilati che sono tassati al 12,5%);
- le minusvalenze sono deducibili, originano cioè un credito fiscale, che può essere utilizzato negli anni successivi in caso di plusvalenze. Si parla in quest’ultimo caso di compensazioni delle minusvalenze.
Quando si recuperano le minusvalenze?
Premesso che è sempre meglio non avere perdite, se per qualche motivo ti trovi e dover gestire una perdita finanziaria, causata per esempio da un investimento in azioni o fondi andato male, che fare?
Come anticipato, la legge stabilisce che, nel caso in cui venga conseguita una minusvalenza, tale perdita può essere utilizzata per abbattere la tassazione di eventuali plusvalenze future.
La minusvalenza genera infatti un credito fiscale che può essere recuperato da futuri guadagni che vengono conseguiti nello stesso anno e/o nei successivi 4 anni.
Scadenza minusvalenze
La scadenza delle minusvalenze è fissata al 31 dicembre di ogni anno. Ad esempio, il 31 dicembre 2023 scadranno le minusvalenze accumulate nel 2019 mentre le minusvalenze realizzate nel 2022 scadranno il 31 Dicembre 2026. Infatti, si hanno 4 anni di tempo a disposizione per recuperarle.
Attenzione. Il “giochino” della compensazione vale solo se le minusvalenze sono pregresse. Questo significa che se realizzi prima un profitto e successivamente una perdita non è possibile utilizzare il credito fiscale.
Cosa succede se non recuperi le minusvalenze?
L’unico rischio che si corre è quello di pagare le tasse su eventuali capital gain, senza nessuno sconto.
Come recuperare le minusvalenze?
Facciamo un esempio concreto per capire meglio. Hai investito in un fondo azionario per un valore complessivo di 20.000 euro, ma quando decidi di venderlo, il suo valore è di 18.000 euro. In questo caso, si avrà una minusvalenza di 2.000 euro.
Minusvalenza = 20.000 - 18.000 = 2.000 euro
Immaginiamo che, dopo qualche mese, decidi di sbarazzarti di un altro prodotto finanziario comprato a 10.000 euro, e che, questa volta, tu riesca a venderlo a 15.000 euro. La plusvalenza realizzata è di 5.000 euro.
Plusvalenza = 15.000 - 10.000 = 5.000 euro
Se non avessi minusvalenze, pagheresti l'imposta sui capital gain pari a 1.300 euro che è il 26% del guadagno di 5.000 euro.
Poiché invece disponi di minusvalenza più vecchia della plusvalenza, puoi effettuare quella che viene definita compensazione.
In questo modo, potrai pagare l'imposta del 26% solo su 3.000 euro, ovvero la differenza tra 5.000 euro di plusvalenza e 2.000 euro di minusvalenza.
Non tutti i prodotti finanziari, però consentono di recuperare le minusvalenze.
Il fisco italiano divide i prodotti finanziari in due grandi categorie che creano “redditi di capitale” e strumenti che creano “redditi diversi“.
I “redditi di capitale” non possono compensare minusvalenze:
- gli ETF;
- i fondi comuni di investimento;
- le cedole delle obbligazioni;
- i dividendi delle azioni.
I “Redditi diversi”, invece, consentono di recuperare minusvalenze:
- le azioni;
- le obbligazioni;
- gli ETC;
- i certificates;
- i derivati (opzioni e futures)
Questo cosa vuol dire? La compensazione delle minusvalenze dei fondi comuni di investimento con le plusvalenze ottenute vendendo altri fondi o dai dividendi delle azioni non è possibile. Di conseguenza, per ottenere un credito fiscale delle minusvalenze di fondi comuni ed ETF, dovrai vendere in utile, per esempio:
- azioni
- obbligazioni
- certificates
Dal momento che le minusvalenze possono essere prodotte da tutti gli strumenti finanziari, ma che possono essere compensate solo con gli strumenti che producono “redditi diversi”, quello che emerge è l’importanza della diversificazione del portafoglio. Se investi solo in prodotti di risparmio gestito, come i fondi comuni e gli ETF, non riuscirai mai a compensare le minusvalenze pregresse e pagherai l’imposta tutte le volte che ottieni un profitto.
Altra cosa importante da sottolineare è che con il regime amministrato, ovvero quel regime di tassazione dei redditi in cui un investitore delega alla banca l'esecuzione degli adempimenti fiscali relativi agli investimenti, non è consentito compensare minusvalenze e plusvalenze presenti in conti bancari diversi. Tradotto: se hai depositato titoli in diversi istituti di credito, ogni banca opererà tenendo conto solo delle operazioni che hai fatto con essa.
Concretamente quello che succede è che la banca produce un documento chiamato “posizione fiscale”, all’interno del quale compaiono tutte le tue operazioni di investimento, quelle che hanno generato una plusvalenza e quelle che hanno creato una minusvalenza.
In presenza di un capital gain, la banca ha due opzioni:
- può applicare direttamente la tassazione;
- nel caso in cui invece emerga una perdita, la somma verrà accantonata in uno “zainetto fiscale”, ovvero un meccanismo di compensazione tra perdite generate dagli investimenti finanziari e i guadagni, in modo tale che i futuri guadagni andranno a ridurre fino ad azzerare lo zainetto fiscale.
Cosa sono le minusvalenze patrimoniali?
Il concetto di minusvalenze non è solo riferito al settore finanziario. Nella vita aziendale succede che l’imprenditore investa in asset reali (ossia beni strumentali per svolgere la propria attività e beni meramente patrimoniali), che possono generare minusvalenze. Così come succede per le perdite finanziarie, il calcolo delle minusvalenze patrimoniali viene effettuato operando un confronto tra il prezzo di acquisto o la somma del denaro ricevuta, al netto delle quote di ammortamento già dedotte.
Ricordiamo che un macchinario in azienda può rimanere produttivo per diversi anni. Pertanto il valore dell’investimento, sul piano contabile, viene distribuito nel corso di diversi esercizi. Questo procedimento è, in estrema sintesi, ciò che si intende con ammortamento dell’immobilizzazione.
Ipotizziamo che la Verdi srl abbia deciso di vendere un impianto della sua azienda alla Rossi srl e che abbia acquistato originariamente questo impianto al costo di 30.000 euro già ammortizzato per un importo pari a 28.000 euro però, la Verdi srl decide di venderlo a 1.000 euro.
Da questa vendita, Verdi srl ha realizzato una minusvalenza di 1.000 euro, che si ottiene:
30.000 euro prezzo di acquisto - 28.000 euro ammortamento = 2.000 euro (valore residuale del bene)
1.000 euro (prezzo di vendita del bene) - 2.000 euro (valore residuo del bene) = -1.000 euro
Il risultato negativo sarà l'importo della minusvalenza, ossia 1.000 euro.
Per concludere
Chi investe lo fa per ottenere un guadagno. L'obiettivo è infatti quello di far fruttare il capitale investito, ovvero incassare più di quanto speso. Non sempre però le cose vanno nel modo giusto. Andare incontro a eventuali perdite, quindi a minusvalenze, fa parte del rischio aziendale.
Ci sono tuttavia tutta una serie di precauzioni, che possono evitare di finire in crisi di liquidità mantenendo sempre saldo il controllo su ricavi e costi.
In cima alla lista, un monitoraggio costante dei flussi monetari. Tenere sotto controllo e ottimizzare per quanto possibile il cash flow, infatti, ti permetterà di
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