Crediti deteriorati NPL: cosa sono e perché costituiscono una minaccia per imprese e banche

I finanziamenti bancari rappresentano una fonte di liquidità importante per le aziende, soprattutto se di piccole e medie dimensioni. Ma cosa succede se l’impresa non è più in grado di rispettare i termini di pagamento dei prestiti ricevuti? In questo articolo vedremo cosa sono i crediti deteriorati, come vengono classificati, quali problemi creano e come un’impresa può evitare di cadere in uno stato di insolvenza.
Cosa sono i crediti deteriorati: significato, definizione e acronimo (inglese)
I crediti deteriorati, detti in inglese “non performing loans” (NPL), ossia prestiti non performanti, sono crediti che le banche hanno nei confronti di debitori, quali imprese o soggetti privati, che non sono più in grado di assolvere ai pagamenti dovuti per l’erogazione del prestito o del finanziamento ricevuto.
L’inadempienza può riguardare l’impossibilità di rispettare le scadenze prefissate o, nelle situazioni più critiche, di far fronte al rimborso del capitale, degli interessi o di entrambi. In tali circostanze, si parla di “crediti inesigibili”.
Perché un credito diventa deteriorato?
Un credito diventa “deteriorato” o “di cattiva qualità” quando il debitore non riesce più ad assolvere al pagamento del capitale e/o degli interessi dovuti.
La riscossione da parte della banca di questo stock di crediti, quindi, diventa incerta o, nelle situazioni più gravi, inesigibile.
Nel caso di un’impresa, i motivi che causano il deterioramento di un debito sono principalmente due:
- Crisi di liquidità dovuta, per esempio, a un calo del fatturato, eccessiva presenza di crediti insoluti, sovraesposizione ecc.
- Erronea valutazione da parte dell’istituto di credito nell’erogazione dei fondi.
Gli NPL, quindi, possono essere il risultato di una situazione finanziaria ed economica critica attraversata da un’impresa o di una valutazione sbagliata effettuata dalla banca al momento dell’erogazione del credito.
Esistono diverse tipologie di crediti deteriorati, distinti in base alla gravità della situazione in cui versa l’impresa e al conseguente rischio di inadempienza.
Crediti “non performing loans”: valutazione e classificazione
In base al diverso grado di deterioramento e alla probabilità o meno che il debitore riesca a ripianare il proprio debito, è possibile distinguere tre differenti tipologie di crediti non performanti:
- esposizioni scadute e/o sconfinate (“overdrawn and/or past-due exposures”)
- inadempienze probabili (“unlikely-to-pay exposures”, UTP)
- crediti in sofferenza (“bad loans”).
Esposizioni scadute e/o sconfinate (“overdrawn and/or past-due exposures”)
Rientrano tra le esposizioni scadute e/o sconfinanti, le posizioni di credito che, alla data della segnalazione, risultano scadute e/o eccedono i limiti di affidamento da oltre 90 giorni.
Un esempio tipico è quello delle rate di mutuo non pagate da oltre tre mesi. Vi sono apposite “etichette” utilizzate dalla Centrale dei Rischi per identificare i “past due".
Generalmente un ritardo nei pagamenti è il primo campanello di allarme sul processo di deterioramento di un credito.
Inadempienze probabili (“Unlikely-to-pay exposures”, UTP)
Vengono definite “inadempienze probabili” o, semplicemente, UTP (“unlike to pay”, ossia: “improbabile che paghi”), i crediti bancari che hanno un livello di allerta e un rischio di deterioramento elevato.
Sostanzialmente, la banca ritiene che, difficilmente, il debitore potrà adempiere integralmente alle obbligazioni creditizie senza il ricorso ad azioni di riscossione o operazioni specifiche (ad esempio l’escussione delle garanzie).
Tali inadempienze possono riguardare il capitale, gli interessi o entrambi.
In linea generale, gli UTP sono relativi ad imprese in difficoltà economica che, però, con i giusti interventi, possono riuscire a evitare lo stato di insolvenza.
In tali casi, gli UTP possono tornare a essere crediti in bonis.
NPL e UTP: differenze principali
La principale differenza tra crediti NPL e UTP è che, nel primo caso, l’azienda è dichiarata insolvente in modo permanente e il credito viene considerato inesigibile.
Nel secondo caso, invece, la banca ritiene che, con interventi mirati, il debitore, seppur in difficoltà, potrà adempiere ai suoi obblighi e i crediti potranno tornare performanti.
L’insolvenza, quindi, è considerata solo “potenziale” e il rapporto tra ente erogatore e debitore rimane attivo.
Gli UTP, dunque, rappresentano uno stato intermedio tra le esposizioni scadute e le sofferenze. Nel caso degli UTP, infatti, le difficoltà finanziarie del debitore, se adeguatamente sostenuto, possono essere superate.
Diversamente da quanto avviene per le esposizioni scadute e per le sofferenze, le inadempienze probabili non vengono segnalate alla Centrale dei Rischi.
Cessione, vendita e recupero degli UTP
Le banche hanno la possibilità di ristrutturare o cedere lo stock di crediti UTP a soggetti terzi, prima che diventino “sofferenze”.
La cessione comporta il trasferimento dei diritti e dei rischi connessi a tali crediti. Generalmente, gli UTP vengono acquistati da investitori o società specializzate nel recupero dei crediti.
La cessione degli UTP offre vantaggi significativi sia alla banca, che può liberarsi di crediti difficili da recuperare, sia all’impresa debitrice che può rinegoziare il prestito, ottenendo, ad esempio, dilazioni o proroghe sulle scadenze.
Ciò può aiutare l’azienda “a respirare” e ad avere risorse liquide utili per superare lo stato di difficoltà e tornare solvibile.
Crediti in sofferenza (“bad loans”)
Le sofferenze sono dei crediti di cattiva qualità che, sostanzialmente, sono considerati irrecuperabili.
Il debitore, infatti, si trova in uno stato di insolvenza (accertata o meno giudizialmente) oppure in una situazione di difficoltà equiparabile che, a differenza di ciò che avviene con gli UTP, è considerata irreversibile. In questo caso, dunque, il rapporto tra banca e debitore cessa.
La banca e gli intermediari finanziari sono obbligati a segnalare per iscritto al debitore (e agli eventuali coobbligati, per esempio i garanti) lo stato di “sofferenza” non appena emergano segnali di insolvibilità.
La segnalazione va fatta anche alla Centrale dei Rischi e va inserita nel bilancio dell'intermediario finanziario.
“Bad loans” netti e lordi
Una distinzione importante va fatta tra sofferenze lorde e nette. Le prime, infatti, sono valutate al netto dell’ammontare complessivo della perdita di valore, mentre le sofferenze nette vengono calcolate considerando anche le svalutazioni.
Crediti bancari: altre tipologie che una PMI deve conoscere
Oltre ai crediti non performanti, altre due tipologie di crediti importanti per una PMI sono:
- crediti “in bonis”
- crediti “forborne”
Crediti bancari “in bonis”
I crediti bancari vengono definiti in bonis quando il debitore paga regolarmente gli importi dovuti per il prestito ricevuto.
Si tratta, dunque, di crediti “performanti” che, diversamente dai “non performing loans”, non mostrano segnali di deterioramento e che afferiscono a debitori considerati solvibili dalla banca, cioè capaci di rispettare le modalità e le scadenze previste dal contratto di rimborso del debito.
Credito ristrutturato (“forborne credit” o “forborne exposure”)
Una menzione a parte meritano i cosiddetti “crediti ristrutturati” o “forborne” credit/exposures.
I crediti vengono definiti “ristrutturati” quando la banca concede al debitore delle “concessioni” (in inglese "forbearance"), ossia delle modifiche alle condizioni contrattuali iniziali.
Esempi tipici di concessioni sono l’allungamento della durata del piano di rimborso o la rinegoziazione dei tassi di interesse.
Possono essere “ristrutturati” e quindi oggetto di concessioni, sia i crediti performanti (in bonis) sia quelli non performanti, con diverso grado di deterioramento.
Parametri a cui prestare attenzione: NPE ratio e tasso di copertura
NPE ratio
Uno degli indicatori più usati per valutare lo stato di salute complessivo di un istituto di credito è il rapporto NPE (“Non Performing Exposure ratio”).
L’NPE ratio esprime il rapporto tra il valore totale dei crediti deteriorati e l'intero stock dei crediti erogati da una banca (inclusi i crediti in bonis).
Più il valore del rapporto NPE è basso più la banca ha bilanci solidi.
Se, al contrario, il valore NPE è alto, vuol dire che la banca è sovraesposta e deve cercare di recuperare o cedere i crediti deteriorati a eventuali intermediari finanziari.
Oltre al valore assoluto del rapporto NPE, è importante valutare anche la sua variazione nel tempo, in modo da avere un’indicazione più precisa della gestione e solidità dell’istituto di credito.
Tasso di copertura: cos’è e come calcolarlo
Un altro parametro importante nella gestione degli NPL è il tasso di copertura. Per capire cos’è e come calcolarlo facciamo un esempio pratico.
Supponiamo che una banca abbia crediti di cattiva qualità pari a 100 euro e stimi una perdita netta di 50 euro su tali crediti. Per coprire questa perdita, la banca procede con un accantonamento di 50€. Il tasso di copertura equivale, quindi, al 50%.
Quanto costano i crediti deteriorati e su chi gravano?
I crediti di cattiva qualità rappresentano un costo elevato per le banche, per le imprese e, nei casi più gravi, costituiscono un problema per il sistema economico di un Paese.
I non performing loans, infatti, riducono gli utili e, conseguentemente,la possibilità creditizia della banca che, nelle situazioni più difficili, può perdere la capacità di erogare altri prestiti e sostenere altre imprese.
Il problema si acuisce quando più banche si trovano ad avere un ammontare dei crediti deteriorati superiore alle proprie possibilità.
In questi casi, vi possono essere ripercussioni gravi sulla stessa situazione economica e imprenditoriale di un Paese e sul sistema generale di allocazione del credito.
In sintesi, un eccessivo stock di crediti deteriorati grava:
- sulla banca che ha erogato il prestito
- sull’impresa debitrice e su altre imprese che non possono più accedere a eventuali prestiti presso la stessa banca
- sulla situazione economica di un Paese se la sofferenza si estende a più istituti.
Per tali motivi, la prevenzione e corretta gestione dei crediti deteriorati rappresenta una priorità per le autorità di vigilanza e per gli istituti bancari italiani e comunitari.
Come si gestiscono i crediti scaduti e deteriorati?
Per gestire i crediti deteriorati, le banche hanno tre possibilità principali:
- ristrutturare le posizioni in difficoltà (principalmente nel caso di esposizioni meno gravi come ritardi o sconfinamenti)
- “cartolarizzare” le posizioni non performanti (soprattutto le sofferenze)
- svalutare i crediti senza aspettare i tempi del tribunale cedendoli a società specializzate nel recupero dei crediti.
Queste ultime valutano la situazione del debitore (sconfinamento, insolvenza, fallimento, ecc.) e, generalmente, acquistano lotti significativi di crediti di cattiva qualità a un prezzo molto inferiore rispetto al loro valore.
Le procedure di gestione e cessione variano in base alla tipologia di deterioramento del credito. Nel caso degli UTP, per esempio, viene ceduto il contratto (ancora attivo) con il debitore. Per le sofferenze, invece, viene ceduto e trasferito il credito poiché il contratto si considera chiuso.
La banca, inoltre, può rivalersi sulle garanzie fornite dal debitore. Nel caso di un prestito ipotecario, per esempio, può pignorare l’immobile.
Procedure di prevenzione, gestione e cartolarizzazione dei crediti
Per una banca è fondamentale riuscire a prevenire l’accumulo di crediti deteriorati. Per farlo, deve:
- valutare attentamente il merito di creditodei debitori, evitando di erogare prestiti rischiosi
- effettuare accantonamenti con un tasso di copertura adeguato
- segnalare sin dalle prime fasi le situazioni di difficoltà (procedura detta “rilevazione dei crediti deteriorati”)
- ristrutturare le situazioni meno gravi (ad esempio allungando i tempi di rimborso).
Qualora tali operazioni non dovessero essere sufficienti, la banca può adire le vie legali oppure può procedere alla cartolarizzazione dei crediti.
Le operazioni di cartolarizzazione consistono “nell’impacchettare” e nel cedere le posizioni in sofferenza a “bad bank”, ossia a un veicolo societario (SPV) in cui vengono fatti confluire gli asset “tossici” della banca.
Assorbendo i crediti, le bad bank permettono agli istituti di credito di ripulire i loro bilanci.
La cartolarizzazione consente il recupero dei fondi tramite diverse operazioni, tra cui l’emissione di titoli ABS (asset-backed securities) con diverso rating, che vengono poi venduti a investitori istituzionali.
BCE, Banche e imprese italiane in sofferenza: la crisi del 2015 e i segnali positivi del 2021
Nel 2015 l’Autorità bancaria europea e la BCE hanno segnalato una situazione di allarme sull’eccessiva presenza di crediti deteriorati nelle banche di diversi Paesi europei, tra cui l’Italia.
Per far fronte alla situazione, nel 2016 il governo italiano ha introdotto il meccanismo del GACS (“garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze”). Si tratta di un sistema in cui lo Stato si fa garante delle esposizioni di migliore qualità in modo da facilitarne la cartolarizzazione.
Parallelamente, la BCE ha fornito alle banche europee delle linee guida sulla gestione dei crediti deteriorati, volte a valutare tempestivamente:
- sconfinamenti e esposizioni scadute
- aumento dei livelli di debito
- default dei garanti
- calo del fatturato e aumento degli insoluti
- eccessivo ricorso alla leva finanziaria.
La crisi economica conseguente alla pandemia ha generato nuove preoccupazioni sulla solvibilità delle imprese e sulla conseguente stabilità del sistema creditizio. Dal 2021, tuttavia, vi sono stati segnali positivi e, anche grazie alle politiche di sostegno comunitario, il temuto boom di crediti NPL non si è verificato.
Quanto valgono e quanto vengono pagati i crediti deteriorati?
Generalmente il prezzo che le società di recupero e gestione dei crediti di cattiva qualità sono disposte a pagare è inferiore rispetto al valore al quale i crediti deteriorati sono registrati nei bilanci aziendali.
Ciò dipende dal fatto che i criteri usati dalle banche per valutare le posizioni non performanti in bilancio sono diversi da quelli adottati dagli investitori per definirne il prezzo d’acquisto.
Differenza tra valore di bilancio delle sofferenze e prezzo d’acquisto
La definizione del prezzo d'acquisto dei crediti deteriorati, risente di diversi fattori, tra cui:
- presenza di eventuali garanzie reali e il loro valore rispetto alle esposizioni
- tempi previsti di recupero dei crediti
- presenza di eventuali procedure giudiziali o stragiudiziali.
Tali fattori fanno sì che i prezzi di acquisto dei crediti NPL siano inferiori rispetto a quelli dei valori di libro.
Chi compra i crediti deteriorati e perché?
Tra i principali acquirenti di NPL vi sono le società di recupero crediti e hedge fund.
In linea generale, si tratta di società specializzate nella valutazione dei crediti non performanti e nella loro gestione attraverso piani di rientro sostenibili.
L’obiettivo è quello di trasformare le sofferenze in posizioni “in bonis” grazie a specifici programmi di recupero e re-inclusione finanziaria.
Come acquistare crediti deteriorati?
Le operazioni di acquisto e vendita dei crediti non performanti variano in base al tipo di credito deteriorato e all’intermediario. Una delle modalità di acquisto più frequenti è tramite gli ABS emessi dalle SPV.
Impatto dei crediti deteriorati sulle PMI
Il problema della solvibilità dei clienti non riguarda solo le banche ma anche le imprese che accedono alle diverse forme di finanziamento. Da marzo 2019, infatti, tutte le imprese sono sottoposte ad un sistema di controllo previsto dalla legge sulla crisi d’impresa.
Al di là degli obblighi normativi, però, per ogni azienda, in particolare per le PMI, è essenziale controllare attentamente i propri flussi di cassa, in modo da individuare in anticipo eventuali segnali di crisi.
Può capitare, infatti, che un’azienda attraversi un periodo di scarsa liquidità, dovuto magari a ritardi o difficoltà nel riscuotere i propri crediti. I ritardi nei pagamenti da parte dei clienti o la presenza di crediti insoluti, possono costituire un grave problema per la stabilità di un’impresa.
Per questo è importante monitorare costantemente la tesoreria aziendale. Procedere manualmente, però, può richiedere molto tempo e può causare errori anche seri. La soluzione migliore, quindi, è utilizzare un software di tesoreria automatico come Agicap.
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