Come registrare ratei e risconti in contabilità: esempi pratici

Ratei e risconti rappresentano uno dei maggiori grattacapi nella redazione di un bilancio. In questo articolo proveremo, attraverso alcuni esempi pratici, a capire come queste voci contabili vengono registrate.
Quando a fine anno si redige il bilancio aziendale, ci si imbatte quasi sempre in una serie di costi e ricavi che, pur emersi nell’anno fiscale in questione, mostrano parzialmente i loro effetti nel bilancio fiscale dell’anno successivo.
Si parla in questo caso di ratei e risconti: voci contabili che, a seconda dei casi, rettificano costi o ricavi “a cavallo” di due annualità.
Prima di analizzare nel dettaglio il significato di ratei e risconti, e capire con qualche esempio pratico, come si inseriscono in bilancio, partiamo da un concetto chiave nelle scritture contabili, ovvero il principio di competenza, al quale ratei e risconti sono strettamente legati.
Principio di competenza: un esempio
Il principio di competenza è un concetto utilizzato in economia aziendale e che consiste nello scrivere in bilancio tutti i costi e i ricavi di un’impresa emersi in un dato periodo, anche quando questi non hanno prodotto alcun movimento nella cassa aziendale.
In altre parole, è un principio che distingue tra operazioni economiche e movimenti di liquidità, e dà precedenza ai primi ai fini della redazione del bilancio d’esercizio – inteso qui come conto economico, stato patrimoniale ed eventuale nota integrativa.
Un esempio per capire meglio: immaginiamo che a fine novembre di un certo anno abbia fatturato la vendita di un bene, che però come da accordi ti verrà pagato solamente a fine gennaio. In altre parole, a fronte della cessione del bene o dell’erogazione del servizio non incasserai nulla.
Nonostante l’incasso sia stato rimandato all’anno successivo, sulla vendita occorrerà pagare sia l’IVA sia le tasse, poiché la fattura è stata emessa. Questo vuol dire che, indipendentemente dal fatto che si sia verificato un pagamento, c’è stata comunque una manifestazione economica nell’esercizio in corso, che pertanto dovrà essere inserita nel bilancio fiscale dell’anno in cui è stata effettuata la vendita.
Ratei e risconti: che cosa sono
Strettamente legato al principio di competenza, spiccano i concetti di ratei e risconti: si tratta di assestamento, ovvero rispettivamente di integrazione o rettifica, redatte in sede di chiusura del bilancio d’esercizio, nel rispetto del principio di competenza.
Come spiega il Codice civile all'art. 2423 bis, comma 1, punto 3 , che recita: "Nella redazione del bilancio le componenti positive e negative di reddito devono essere rilevate per la quota maturata nell’esercizio, a prescindere dalla loro manifestazione finanziaria".
E ancora nell’art. 2424 bis. comma 5 si legge ancora:
“Nella voce ratei e risconti attivi devono essere iscritti i proventi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi, e i costi sostenuti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Nella voce ratei e risconti passivi devono essere iscritti i costi di competenza dell'esercizio esigibili in esercizi successivi e i proventi percepiti entro la chiusura dell'esercizio ma di competenza di esercizi successivi. Possono essere iscritte in tali voci soltanto quote di costi e proventi, comuni a due o più esercizi, l'entità dei quali vari in ragione del tempo.”
Vediamo ora nel dettaglio, come si gestiscono dal punto di vista contabile queste voci di costi e ricavi.
Risconti attivi e passivi: che cosa sono, esempi pratici
Quando si parla di risconti si fa riferimento a quote di costi o di ricavi non ancora maturate, ma che hanno già avuto la loro manifestazione finanziaria.
In particolare, i risconti rappresentano costi o ricavi il cui incasso o pagamento si realizza nell’anno che si sta chiudendo (31 dicembre), ma una percentuale di tali costi o ricavi è relativa all’anno successivo.
A sua volta si possono suddividere in:
Risconti attivi, rappresentano una fetta dei costi che, anche se registrati contabilmente nell’esercizio in chiusura, sono in parte di competenza anche dell’esercizio successivo.
- Esempio: Un tipico esempio di risconto attivo è quello del pagamento di un affitto. Immagina che il 15 di ogni mese paghi l’affitto del tuo ufficio, pari a 2.000 euro. Arriva il 15 dicembre di un certo anno e paghi 2.000 euro, di questa somma però, metà è di competenza di dicembre, ma l’altra metà è di competenza fino al 15 gennaio. In questo caso ci sarà quindi da considerare un risconto attivo, ossia circa 1.000 euro rappresentano un costo di competenza di gennaio, che vanno stornati dall’esercizio 2022.
Risconti passivi, rappresentano quote di un ricavo che hai già registrato contabilmente nell’esercizio in chiusura, ma per una parte è di competenza anche dell’esercizio successivo.
- Esempio: Prendiamo sempre il caso dell’affitto, ma questa volta immaginiamo che tu abbia un ufficio di proprietà e il 15 di ogni mese incassi da un affittuario un canone mensile pari a 2.000 euro. Arriva il giorno 15 dicembre e quindi ricevi 2.000 euro, di questa somma però, circa la metà è di competenza di dicembre, ma l’altra metà è di competenza fino al 15 gennaio. Per cui tu hai incassato 2.000 euro il 15 dicembre, ma c’è da considerare un risconto passivo, ossia circa 1.000 euro rappresentano un ricavo di competenza di gennaio. In questo caso, viene “ridotto” un ricavo del bilancio in chiusura per portarlo a competenza dell’anno successivo
Ratei attivi e passivi: che cosa sono, esempi pratici
I ratei rappresentano sempre costi e ricavi ma, al contrario dei risconti, nell’esercizio in chiusura non si realizza nessun incasso o pagamento, che invece si realizzerà nell’esercizio successivo.
Come per i risconti, i ratei si distinguono in:
Ratei attivi, sono quella parte dei ricavi che non è stata riscossa al momento della chiusura dei conti, e che entra nelle casse aziendali solo nell’esercizio successivo. Un rateo è attivo quando comporta un aumento della liquidità dell’azienda in futuro.
Esempio: supponiamo che a fronte di una vendita effettuata il primo novembre di un certo anno, tu abbia concesso ad un cliente una dilazione del pagamento a sei mesi, ma con l’applicazione di interessi. A quel punto, è probabile che incasserai la liquidità che ti spetta nell’esercizio seguente, ma al momento della chiusura del bilancio avrai già maturato una parte di quegli interessi, ovvero quella relativa al bimestre novembre-dicembre. Questa parte dei ricavi è definita rateo attivo.
Ratei passivi, i ratei passivi sono i costi di competenza che un’azienda affronta nel corso di un esercizio, che vengono concretamente coperti soltanto nell’esercizio successivo. In altre parole sono costi che non comportano un esborso immediato. Piuttosto il loro pagamento è posticipato nel tempo, ed è quindi in corso di maturazione.
Esempio: un esempio tipico di rateo passivo è quello del mutuo, che rientra tra i debiti a medio-lungo termine. Il capitale che la banca ti ha concesso in prestito per acquistare per esempio un macchinario è un capitale da restituire per intero con l’aggiunta dei tassi di interesse. Tassi di interesse che maturano nel tempo, e che sono inclusi tra i costi di competenza dell'esercizio anche quando vengono pagati in quello successivo.
Per concludere
Hai idea di quanti soldi puoi disporre oggi, e quanti ne avrai domani? Avere piena consapevolezza della liquidità disponibile nelle casse delle tua azienda è un lavoro che richiede attenzione.
Ratei e risconti ci mostrano, per esempio, come sia complesso mantenere gli equilibri monetari in tesoreria senza farsi trascinare in una crisi di liquidità. Perché in questo caso parliamo di ricavi e costi rilevati ma non ancora incassati o coperti, e che rischiano di proporre un’immagine falsata della cassa aziendale.
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