Fatture da emettere: quando sono indispensabili e come registrarle

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Tenere la contabilità della propria azienda non è un gioco da ragazzi. Soprattutto quando ci si trova di fronte a operazioni avvenute a cavallo tra due anni. Come è il caso delle fatture da emettere, una delle scritture di integrazione più frequenti, che si verificano in alcuni casi particolari. Quali? Lo vedremo in dettaglio in questo articolo, in cui mostreremo attraverso un esempio pratico come vanno registrate.

Fatture da emettere: significato

Ti è mai capitato di vendere un bene o effettuare una prestazione verso fine anno ed emettere la relativa fattura qualche settimana dopo, quindi nell'anno successivo? In questi casi si parla di fatture da emettere, ovvero fatture che, come dice la parola stessa, non sono state ancora emesse ma che occorre registrare in contabilità nel rispetto del principio di competenza, ovvero il criterio di redazione contabile che registra i costi e i ricavi di un’impresa in un dato periodo, anche quando questi non hanno prodotto – fino a quel momento – alcun movimento nella cassa aziendale.

In altre parole, è un principio che distingue tra operazioni economiche e movimenti di liquidità e dà precedenza ai primi ai fini della redazione del bilancio d’esercizio – inteso qui come conto economico, stato patrimoniale ed eventuale nota integrativa.

Torniamo ora alle fatture da emettere: si tratta in particolare di una scrittura di integrazione del bilancio (al pari di ratei e risconti) che fa riferimento a prestazioni di servizi o cessioni di beni avvenute in un certo anno ma la cui fattura verrà appunto emessa in un anno successivo.

Questa scrittura di completamento viene effettuata soprattutto per operazioni che avvengono verso la fine dell’esercizio fiscale, quando, per esempio, a fronte di vendite effettuate nel mese di dicembre, usufruiamo della possibilità di emettere la fattura entro il giorno 15 del mese successivo. A dicembre quindi, in relazione a tale operazione, non è stata ancora fatta alcuna rilevazione, non essendo stata emessa alcuna fattura.

Tuttavia il ricavo deve essere considerato comunque di competenza anche se non si è manifestato finanziariamente (non è stata emessa la fattura). Pertanto si avrà comunque una scrittura di completamento. Questo perché è possibile, per esempio, che per l’operazione in questione, anche se non c’è stato un incasso, si sia verificato un costo relativo all’acquisto delle merci poi rivendute. Non solo. Indipendentemente dalla data di emissione della fattura, l’IVA deve essere versata con la liquidazione di dicembre e quindi dovrà essere sempre e comunque rilevata in contabilità.

Fatture: che cosa sono

Per chi non avesse dimestichezza con la contabilità, magari perché ha appena avviato un'attività, facciamo un passo indietro, definendo che cosa sono le fatture.

Con il termine fattura si fa riferimento a documenti fondamentali da un punto di vista fiscale, che un soggetto è obbligato a emettere a conferma dell'avvenuta cessione di beni o servizi in cambio di un pagamento.

Dalla loro emissione deriva:

  • il diritto di chi vende a riscuotere una somma di denaro per quanto ceduto e/o fornito;
  • il calcolo delle relative imposte da parte dell'Agenzia delle Entrate

Come tutti i documenti fiscali, le fatture vanno compilate in tutte le parti obbligatorie:

  • “descrivere” beni e servizi con relativi valori;
  • indicare la prestazione fornita, al soggetto intestatario della fattura stessa, alla tipologia di bene ceduto/servizio fornito e tanto altro.

Una volta compilata e inviate al cliente, vanno contabilizzate in bilancio.

Scritture di integrazione: che cosa sono

Passiamo ora a definire le scritture d’integrazione, di cui le fatture da emettere sono un esempio. Che cosa sono di preciso? Si tratta di operazioni contabili attraverso le quali si assegnano al reddito dell’esercizio quote di costi o ricavi che, pur se di competenza dell’esercizio, avranno la manifestazione finanziaria in futuro.

Sono scritture di integrazione quelle relative a:

Ciò consente una valutazione prudenziale dei componenti del patrimonio desumibili dalle scritture contabili.

Fatture da emettere: un esempio pratico

Torniamo ora alle fatture da emettere. Per capire con precisione come vanno inseriti i ricavi all'interno del bilancio facciamo un esempio.

Immaginiamo che la Rossi Srl, società attiva nella grande distribuzione, in data 20 dicembre dell'anno X abbia consegnato al proprio cliente merci per 200 mila euro. In data 31/12 la relativa fattura non è stata emessa, ma le merci erano state acquistate al costo di 150 mila euro.

Pertanto nell'anno X è stato rilevato un costo che non viene correlato a ricavi di vendita. In termini pratici questo comporta che l'amministratore rediga una scrittura di assestamento o integrazione. Il che vuol dire che nello stato patrimoniale, si inserirà la seguente dicitura:

  • C) Attivo circolante
  • II) Crediti
  1. Crediti verso i clienti: 200.000,00€

Nel conto economico, invece, scriverà:

  • A) Valore della produzione 1) Ricavi delle vendite e delle prestazioni: 200.000,00€

Per concludere

Hai idea di quanti soldi puoi disporre oggi, e quanti ne avrai domani? Avere piena consapevolezza della liquidità disponibile nelle casse delle tua azienda è un lavoro che richiede attenzione.

Le fatture da emettere ci mostrano, per esempio, come sia complesso mantenere gli equilibri monetari in tesoreria senza finire in una crisi di liquidità. Perché, in questo caso, parliamo di ricavi rilevati ma non ancora incassati. D’altro canto, senza un monitoraggio costante e preciso dei flussi di cassa è impossibile pensare di effettuare investimenti e sviluppare progetti di crescita.

Facile in teoria, ma quando poi si tratta concretamente di tenere sotto controllo il cash flow, spesso sorgono i problemi. Soprattutto se il monitoraggio avviene affidandosi a un foglio Excel. In questi casi, gli addetti alla contabilità si trovano a dover far fronte a operazioni noiose, ripetitive e spesso frustranti. Non sono tra l’altro rari gli errori, per via dell’inserimento manuale dei dati.

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