Prestito infruttifero: quando e come può servire a una PMI?

Una forma di finanziamento particolare a cui le imprese possono attingere è rappresentata dal prestito infruttifero. Si tratta di un strumento finanziario pratico e veloce per recuperare liquidità che non prevede l’obbligo di interessi e che può essere concesso e ottenuto tramite una semplice scrittura privata. Tuttavia, dietro a questa tipologia di prestito possono nascondersi diverse insidie. In questo articolo vedremo quando conviene far ricorso al prestito infruttifero e in quali casi, invece, occorre fare attenzione e optare per altri sistemi di prestito.
Cosa significa prestito infruttifero?
Un prestito infruttifero, come suggerisce il nome, è un tipo di prestito che non prevede l’applicazione di interessi. Si tratta di una forma di finanziamento utilizzata tra privati, prevalentemente familiari o conoscenti, ma che può essere usata anche tra soci o da imprese di piccole o medie dimensioni nel caso in cui vi sia un bisogno straordinario di liquidità.
Cosa vuol dire prestito infruttifero “non oneroso”: significato, sinonimo e caratteristiche
Un prestito tra privati viene definito “infruttifero” o “non oneroso” quando la sua erogazione prevede esclusivamente la restituzione del capitale, senza alcun interesse. Per questo motivo, tale prestito viene anche detto “infruttuoso”. Altri sinonimi sono: “finanziamento infruttifero”, “mutuo/prestito senza interessi”, “prestito gratuito” oppure “prestito/mutuo grazioso” (o “a titolo grazioso”).
Al di là del nome, la caratteristica principale di questo tipo di accordo è che il prestatore non ottiene alcun rendimento o profitto dalla somma prestata e il beneficiario/debitore non deve pagare tassi di interesse sul denaro ricevuto.
Altra caratteristica importante che contraddistingue un prestito infruttifero è l’occasionalità: l’erogazione del prestito, infatti, deve avvenire una tantum e deve avere carattere di straordinarietà. Non è possibile, quindi, concedere o ricevere prestiti infruttiferi in modo regolare.
Le somme trasferite, inoltre, devono rispettare i limiti e le norme di legge previste in materia di antiriciclaggio. Tramite un prestito non oneroso, quindi, non è possibile movimentare grandi somme liquide.
Come funziona il prestito infruttifero?
Generalmente il prestito infruttifero viene formalizzato con un contratto scritto, prevalentemente una scrittura privata, tramite cui si definiscono le condizioni del rapporto finanziario.
Oltre alla scrittura privata, però, il prestito infruttifero può essere contrattualizzato tramite altre forme, come:
- prestito infruttifero epistolare;
- prestito infruttifero con causale di bonifico;
- prestito infruttifero garantito da cambiali.
Vediamo, brevemente, le caratteristiche e il funzionamento delle quattro tipologie.
Contratto di finanziamento senza interessi tramite scrittura privata
La “scrittura privata” è un accordo tra due o più parti che serve per formalizzare il prestito infruttifero. A tal fine, è importante che nel documento venga riportata esplicitamente la dicitura “contratto di mutuo infruttifero redatto secondo le norme di cui all’art. 1813 cc e seguenti”.
È fondamentale, inoltre, dettagliare quanto più possibile il contratto.
Schema e fac-simile di scrittura privata di un prestito infruttifero
Nella scrittura privata vanno indicati:
- dati anagrafici del creditore/prestatore (specificando che non si tratta di un “finanziatore professionista”) e del debitore/beneficiario;
- somma concessa (specificando il carattere occasionale e temporaneo), finalità e durata del prestito;
- piano di erogazione e modalità di rimborso (ad es. in un’unica soluzione o in più rate);
- sistema di trasferimento del denaro (preferibilmente bonifico bancario);
- conseguenze di ritardi o mancati pagamenti (clausola di “Decadenza dal Beneficio del Termine”: in caso di mancato pagamento di una o più rate, il prestatore può richiedere la restituzione immediata dell’intero importo versato);
- eventuali garanzie (beni tangibili o garanzia personale);
- data certa, validata tramite Agenzia delle Entrate, presso un ufficio postale, timbro postale oppure PEC.
La scrittura privata va redatta e firmata (con firma autografa) in duplice copia, ma è consigliabile registrarne una terza presso l’Agenzia delle Entrate. In questo modo, infatti, in caso di accertamenti o di verifica da parte del Fisco sarà più facile dimostrare la regolarità e correttezza dei movimenti di denaro, il che, come vedremo meglio in seguito, è fondamentale sia da un punto di vista fiscale sia legale.
Registrazione della scrittura privata presso l’Agenzia delle Entrate
La registrazione di una scrittura privata presso l’Agenzia delle Entrate consente una maggiore tutela legale. Nel caso di controlli da parte del Fisco, infatti, vale la “presunzione di colpevolezza” e vige, pertanto, “l’inversione dell’onere della prova” in base a cui: “in assenza di prova contraria, ogni versamento sul conto corrente debba configurarsi presuntivamente come un ricavo o un reddito” (art. 32, D.P.R. 600/1973).
Pertanto, avere una documentazione in regola servirà per dimostrare che non vi sono stati compensi in nero e che il prestito non ha determinato la maturazione di interessi (il che, invece, avrebbe comportato il pagamento delle dovute tasse).
La registrazione della scrittura privata presso l’Agenzia delle Entrate consente, inoltre divalidare la data certa del contratto.
Nel caso di registrazione occorre pagare:
- imposta di bollo di 16 euro, ogni quattro facciate del contratto;
- imposta di registro del 3% dell’importo prestato, da versare entro 20 giorni dalla data in cui è stata stipulata la scrittura.
Prestito infruttifero epistolare
Un prestito infruttifero assume la forma “epistolare”, ossia “per corrispondenza”, quando il contratto viene redatto da una delle parti e inviato per posta alla controparte. Quest’ultima, una volta visionato e firmato il documento, lo rispedisce al mittente.
Il prestito epistolare non prevede l’obbligo di registrazione né il versamento di un’imposta di registro.
Prestito infruttifero con causale di bonifico
Un altro modo per erogare un prestito senza interessi è tramite un bonifico bancario. In questo caso, il documento bancario funge da prova, per cui è fondamentale prestare estrema attenzione alla causale del bonifico, in cui vanno precisati con chiarezza le finalità e i termini del prestito.
Cosa scrivere nella causale di un bonifico per restituzione prestito?
Nella causale del bonifico occorre dettagliare accuratamente l’operazione di trasferimento di denaro, avendo cura di precisare che si tratta di un prestito senza interessi.
L’utilizzo del bonifico consente un’elevata trasparenza e tracciabilità, motivo per cui è lo strumento da preferire anche per il successivo rimborso del capitale. In questo caso, nella causale andranno richiamati tutti i dettagli dell’accordo, inserendo la dicitura “restituzione del prestito”.
Prestito infruttifero garantito da cambiali: scadenza e penali
Un’ulteriore possibilità è rappresentata dal prestito infruttifero garantito da cambiali. In questo caso, è prevista un’imposta di bollo pari al 12 per mille dell’importo della cambiale.
L’utilizzo delle cambiali come strumento di garanzia consente al creditore di richiedere l’esecuzione forzata del titolo se, alla scadenza fissata, il debitore non abbia rimborsato la somma dovuta.
Come dimostrare che un prestito è infruttifero?
Al di là della modalità scelta per la formalizzazione del prestito, è essenziale, a fini sia legali sia fiscali, dimostrare che il trasferimento di denaro avvenga a norma di legge e non implichi interessi.
Per farlo, è bene aggiungere sempre nel documento la dicitura: “neppure nella misura dell’interesse legale”. Per “documento” si intende non solo la scrittura privata, ma anche la documentazione bancaria (causale bonifico, oggetto della cambiale, ecc.).
Tali giustificativi comprovanti la regolarità dei trasferimenti di denaro (erogazione e restituzione del prestito) dovranno essere conservati per almeno sei anni. Per questo è consigliabile utilizzare sempre il bonifico bancario che consente una maggiore tracciabilità e verificabilità delle operazioni, sia da parte del Fisco sia di eventuali aventi diritto.
Perché fare attenzione
Quando si trasferiscono soldi tra conti correnti privati, occorre rispettare precise regole al fine di evitare sanzioni o, nei casi più gravi, di compiere veri e propri reati penali.
I problemi principali riguardano:
- violazione delle norme antiriciclaggio;
- classificazione del prestito come usuraio;
- interpretazione del prestito come fruttifero nel caso in cui nella causale non sia espressamente indicato il contrario (in quest’ultimo caso si rischia una sanzione per non aver dichiarato i guadagni supposti dal prestito erogato).
Come richiedere, restituire e recuperare un prestito infruttifero
Diversamente da quanto avviene per un prestito tradizionale, erogato da banche o società finanziarie, le procedure per ottenere, restituire o recuperare un prestito infruttifero sono più semplici poiché si basano su accordi pattuiti liberamente tra le parti.
L’aspetto fondamentale è che la somma prestata corrisponda esattamente a quella restituita dal debitore e che il trasferimento di denaro avvenga in modo tracciabile.
Quest’aspetto è fondamentale per evitare di incorrere nella violazione delle norme antiriciclaggio o nella classificazione del prestito come usurario.
Da un punto di vista contabile e fiscale, inoltre, deve esserci un movimento in entrata e uno in uscita per chiudere l’operazione, altrimenti si parla di mancata restituzione del prestito.
Restituzione e rimborso del prestito infruttifero tra soci
Nel caso di una SRL, la legge italiana stabilisce che il ricorso al finanziamento infruttifero da parte dei soci è possibile solo:
- se è previsto dallo statuto;
- quando il socio detenga la carica da almeno 3 mesi e sia in possesso di una partecipazione minima pari al 2% del capitale sociale.
La restituzione del prestito, anche in questo caso, può avvenire in un'unica soluzione oppure tramite rate. Come anticipato, anche per la restituzione è sempre consigliabile usare il bonifico bancario specificando nella causale tutti gli elementi della transazione e indicando la parola “restituzione”.
Cosa succede se non restituisco un prestito infruttifero?
Chi non restituisce la somma presa in prestito commette un reato di appropriazione indebita.
Da un punto di vista legale, gli iter da seguire per il creditore sono due:
- nel caso in cui le parti abbiano formalizzato l’accordo tramite una scrittura privata, il prestatore può richiedere al giudice un decreto ingiuntivo e, dopo 40 giorni, può esigere la restituzione forzata per recuperare il credito;
- in tutti i casi in cui, invece, non vi sia un contratto, occorre fare causa aspettando i tempi della giustizia civile.
Prestito infruttifero: principali vantaggi
Il ricorso al prestito infruttifero offre una serie di vantaggi, tra cui:
- le condizioni vengono pattuite liberamente tra le parti;
- può essere stipulato senza intermediari;
- prevede la restituzione del solo capitale, senza interessi o altro tipo di rendita;
- la somma erogata non è sottoposta a imposizione fiscale e non prevede tassazione (non dovrà, quindi, essere inserita nella dichiarazione dei redditi);
- l’erogazione del prestito non richiede costi di apertura né di gestione della pratica;
- le tempistiche e le procedure di erogazione e restituzione del prestito sono estremamente semplici e rapide.
PMI e prestito infruttifero: quando conviene utilizzarlo?
Il prestito infruttifero può rappresentare un modo utile anche per le imprese per ottenere velocemente liquidità, senza dover ricorrere a un intermediario finanziario.
Spesso, infatti, l’assenza di garanzie sufficienti o gli elevati tassi di interesse rendono difficile l’accesso al credito da parte di PMI e, soprattutto, di start-up.
In questi casi, le forme di finanziamento alternative come il prestito infruttifero, il fondo perduto o la supply chain finance possono rappresentare un’alternativa interessante.
Non solo: negli ultimi anni il ricorso al prestito infruttifero sta diventando una pratica diffusa anche tra i soci di un’impresa quando si decide di non voler ricorrere a un aumento di capitale.
Ricorso al prestito: perché fare attenzione?
Il ricorso a un prestito va, però, ponderato con attenzione.
Per prima cosa è importante analizzare le motivazioni che rendono necessario il prestito: esse, infatti, potrebbero essere un campanello d’allarme sulla salute finanziaria dell’azienda, che non va trascurato.
È importante, inoltre, verificare che l’azienda sia in grado di ripianare il debito accumulato, ossia che abbia liquidità sufficiente per chiudere l’operazione di finanziamento, sia oneroso sia infruttifero.
In caso contrario, anche il ricorso a un prestito infruttifero potrebbe sfociare in una crisi di liquidità.
Il modo migliore per scongiurare tale rischio è tramite un monitoraggio e un’attenta analisi delle entrate e uscite aziendali.
Un'accurata pianificazione dei flussi di cassa, infatti, non solo aiuta a evitare il rischio di insolvenza, ma è fondamentale anche per ottimizzare ogni somma liquida dell’azienda.
Talvolta, infatti, anziché ricorrere a un prestito sarebbe sufficiente recuperare la liquidità che viene sprecata e si perde in mille rivoli all’interno dell’impresa.
Un esempio tipico sono le spese aziendali non tracciate, i crediti non riscossi o i mancati pagamenti.
Ma come fare?
Purtroppo l’utilizzo di strumenti manuali come Excel non consente un monitoraggio in tempo reale e non permette di ottimizzare il cash flow aziendale. In più, richiede tempo, può essere fonte di errori e impegna forza lavoro preziosa, che potrebbe essere convertita ad attività più importanti.
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