Tutto quello che c'è da sapere sugli indici di liquidità

Imparare ad analizzare lo stato di salute finanziaria di un’azienda è l’unica vera chiave di successo. Potremmo definirla, in un certo senso, una forma di prevenzione. Del resto, un’attività imprenditoriale funziona davvero soltanto quando è solvibile, ovvero in grado di sostenere i suoi debiti commerciali e finanziari. Ecco, per capire se la tua azienda è in buona salute hai bisogno di alcuni parametri di riferimento. L’analisi di bilancio, che è strumento fondamentale per chi amministra un’impresa, non può prescindere allora dalla conoscenza di indici finanziari che – più di altri – sanno darti informazioni sulle condizioni di disponibilità della tua azienda. Gli indici di liquidità, di cui parleremo in questo articolo, sono il perfetto punto di partenza.
Cosa sono gli indici di liquidità?
Gli indici di liquidità sono strumenti finanziari che forniscono informazioni sulla situazione finanziaria di un’azienda e, in particolare, sui suoi livelli di liquidità nel corso dell’esercizio.
Gli indici non ci dicono, quindi, quanta liquidità è disponibile in cassa. Piuttosto, ci fanno comprendere se i livelli di liquidità sono abbastanza alti da garantire la solvibilità dell’azienda.
Infatti, un’azienda può dirsi solvibile – e quindi tutto sommato in salute – solo quando è in grado di far fronte agli impieghi finanziari del bilancio. Per dirlo in altre parole, un’impresa è solvibile quando possiede liquidità a sufficienza per pagare i suoi debiti.
L’analisi della liquidità è allora uno strumento prezioso per gli amministratori d’impresa, perché può essere utilizzata come punto di partenza per misurare il grado di solvibilità e stabilità.
Se è vero che per valutare la situazione finanziaria globale di un’attività commerciale è necessario il coinvolgimento di altri aspetti fondamentali – ovvero la redditività, lo sviluppo e la solidità patrimoniale, aspetti comunque legati alla presenza di denaro in cassa – è vero anche che gli indici di liquidità offrono un quadro di riferimento interessante nell’ideazione di strategie imprenditoriali più efficaci.
Indici e indicatori di liquidità
Per evitare confusione, chiariamo subito che – in questo contesto – le parole indici e indicatori sono intese come sinonimi, totalmente sovrapponibili. In un certo senso, possiamo definire gli indici di liquidità come indici indicatori – vale a dire, come misure della liquidità che indicano lo stato di salute finanziario dell’azienda.
In economia aziendale, non tutti gli indicatori sono indici. Il margine di tesoreria per esempio, che calcola la solvibilità dell’azienda a partire dalla liquidità a breve termine, è un indicatore di liquidità ma non un indice. La sua formula infatti è “semplice”: il margine di tesoreria si ottiene sottraendo le passività correnti alla liquidità immediata e differita.
Gli indici di liquidità invece, come quelli che vedremo qui sotto, sono rapporti (cioè ratio) tra due diverse misure.
Cosa valutano gli indici di liquidità?
Gli indici di liquidità valutano il grado di solvibilità di un’azienda nel breve periodo, dove con «breve periodo» va inteso come l’esercizio in corso.
Il loro ruolo nell’amministrazione finanziaria di un’impresa è quindi un ruolo di prim’ordine. Il calcolo degli indici di liquidità, infatti, può dire nell’immediato se l’azienda è capace di coprire o meno le sue spese.
La verifica della solvibilità infatti si effettua a partire dal confronto tra la liquidità disponibile e gli impieghi finanziari da affrontare. Nel momento in cui questa verifica dà esito positivo, avremo certezza di trovarci di fronte a un’azienda in buono stato di salute.
D’altronde, un’attività commerciale che non dispone di liquidità a sufficienza rischia di incorrere in crisi di liquidità o in una condizione di indebitamento eccessivo. E sappiamo bene come entrambi questi fattori contribuiscono in maniera determinante al declino di un’impresa.
Crisi di liquidità e indebitamento eccessivo sono rischi da cui tenersi al riparo, ed è anche grazie all’analisi degli indici di liquidità che è possibile riuscirci.
Indici di liquidità vs indici di solvibilità
Come abbiamo detto fin qui, gli indici di liquidità aiutano a valutare la solvibilità di un’azienda. Abbiamo considerato la liquidità come un sinonimo di solvibilità, e – in questo contesto almeno – lo è, sono due concetti sullo stesso piano. La solvibilità di un’azienda, però, non si calcola soltanto sulla tesoreria, cioè sulla liquidità a disposizione, ma sugli asset patrimoniali e sulle passività.
Uno degli indici di solvibilità è il rapporto di indebitamento, detto anche leverage o leva finanziaria. Nei prossimi paragrafi troverai anche la formula del leverage, per comprendere a pieno la differenza tra un indice di liquidità e un indice di solvibilità.
Quali sono gli indici di liquidità? Descrizione, significato e formula
Gli indici di liquidità che analizzano la situazione finanziaria di un’impresa sono due: l’indice di tesoreria (o quick ratio) e l’indice di disponibilità (o current ratio).
Più che parlare di due diversi indici di liquidità, sarebbe più corretto considerarli come indici di liquidità che rispondono a due diversi approcci. Qui sotto vedremo nel dettaglio le caratteristiche di ognuno, e quindi le loro differenze. Qui basti dire che è possibile parlare di indici di liquidità primaria e secondaria, ovvero di indici che distinguono tra liquidità immediata e liquidità differita e indici che non rilevano questa separazione.
Entrambi gli indici in questione sono comunque di forte interesse per l’analisi del bilancio aziendale. Ma quali sono nel dettaglio? Vediamoli qui.
L’indice di tesoreria, detto anche quick ratio. Come si calcola l'indice di liquidità primaria?
L’indice di tesoreria, conosciuto anche come quick ratio, è un indice di liquidità primaria che tiene conto della differenza tra liquidità immediata – ovvero le risorse finanziarie già liquide – e liquidità differita – le risorse che saranno liquide nel breve periodo.
In altre parole, l’analisi tramite indice di tesoreria parte dal presupposto che il capitale circolante di un’azienda si compone di risorse di varia natura. Il capitale circolante di un’attività commerciale può infatti includere:
- liquidità immediate;
- liquidità differite;
- rimanenze in magazzino.
In particolare, le rimanenze in magazzino non necessariamente si convertono in liquidità nel corso di un solo esercizio. Pertanto le rimanenze sono risorse liquidabili, vale a dire che possono diventare liquidità; ma essendo molti i fattori in gioco, questa conversione potrebbe anche non verificarsi.
Proprio per evitare un’analisi della liquidità fin troppo fallace nel medio e lungo termine, è necessario allora tener conto della diversificazione interna del capitale circolante.
L’indice di tesoreria può essere calcolato utilizzando questa formula:
- capitale circolante – rimanenze / passività correnti
Formula che, alla luce di quanto detto finora in questo paragrafo, può essere ovviamente resa anche con:
- liquidità differite + liquidità immediate / passività correnti
I valori utilizzati in questa formula possono dare informazioni anche su una grandezza differenziale di fondamentale importanza, ovvero il margine di tesoreria.
L’indice di disponibilità, o anche current ratio: come si ottiene l'indice di liquidità secondaria?
L’indice di disponibilità, che viene definito anche current ratio, è invece un indice di liquidità secondaria, perciò offre un’indicazione generale sui livelli di liquidità in azienda.
I valori presi in analisi sono quindi quelli dell’indice di tesoreria, con la differenza che – in questo caso – non si procede con una distinzione interna del capitale circolante. Insomma, l’indice di disponibilità non si interessa della differenza tra risorse liquide già disponibili e risorse che saranno liquide nel futuro prossimo. Piuttosto dà contezza dei livelli di liquidità in generale, a partire dal capitale operativo dell’azienda.
La formula per ottenere l’indice di disponibilità sarà allora
- capitale operativo / passività correnti
laddove per capitale operativo va inteso il capitale circolante lordo, quindi tutto l’attivo che può essere liquidato.
Come accade con l’indice di tesoreria, anche nel caso dell’indice di disponibilità si possono utilizzare i valori per ottenere un quoziente utile nell’analisi di bilancio.
Qui in particolare, sottraendo dal capitale operativo le passività correnti è possibile calcolare il margine di disponibilità, ovvero il capitale circolante netto.
Margine di tesoreria e margine di disponibilità
Lo abbiamo già detto, il margine di tesoreria e il margine di disponibilità non sono indici, ma semplici indicatori. Tuttavia, anche il calcolo dei margini è utile per l’analisi di bilancio: si parlerà in questo caso di analisi per margini, e non per indici, ma rimane comunque uno strumento più che valido per conoscere i livelli di solvibilità di un’impresa.
Il margine di tesoreria si ottiene tramite la formula
- liquidità differite + liquidità immediate – passività correnti
Come puoi notare, i valori utilizzati in questa formula (liquidità differite, liquidità immediate e passività correnti) sono quelli dell’indice di tesoreria. La differenza sta nel tipo di operazione: il margine di tesoreria è il risultato di una sottrazione, l’indice di tesoreria è un quoziente – cioè il risultato di un rapporto tra diverse misure.
Lo stesso discorso vale per il margine di disponibilità. La formula in questo caso è
- capitale operativo – passività correnti
quindi non più un rapporto tra le due misure, ma una semplice sottrazione.
Va ricordato, qui, che il capitale operativo corrisponde al capitale circolante lordo e che il margine di disponibilità rappresenta invece il capitale circolante netto. La formula, quindi, può essere resa come
- capitale circolante lordo – passività correnti
A tal proposito, leggi anche: Capitale circolante, come si calcola? Guida pratica per manager
La formula dell'indice di solvibilità (o leverage)
Per chiarire ulteriormente la differenza tra indici di liquidità (che misurano la solvibilità) e indice di solvibilità vero e proprio, riporteremo qui la formula per intero. Ti permetterà di capire quali informazioni sono prese in considerazione, e come si calcola la solvibilità per intero.
La formula del rapporto di indebitamento, o leverage, è
- passività totale / patrimonio netto
In buona sostanza, questa formula ci dice quanto l’azienda è solvibile grazie al suo capitale proprio, o se invece ha bisogno di ricorrere al capitale di terzi (es. finanziamenti) per coprire i suoi debiti.
Come puoi vedere, l’indice di indebitamento è un indicatore più “preciso” della solvibilità dell’azienda, o meglio: ci dà un’informazione specifica sulla solvibilità aziendale, che torna utile per valutare lo stato di salute complessivo dell’impresa.
I valori ottimali degli indici di liquidità
Alla luce di quanto detto, la domanda da porsi nell’analisi di queste grandezze sarà allora relativa ai valori ottimali degli indici di liquidità.
Insomma, non basta analizzare gli indici: è necessario riuscire a raggiungere un valore ottimale per garantire la sopravvivenza (e l’eventuale successo) dell’azienda.
È importante tenere a mente che lo scopo ultimo degli indici di liquidità è indicare la disponibilità finanziaria dell’azienda, e quindi se l’azienda dispone di risorse finanziarie a sufficienza.
Il risultato delle formule proposte poco prima può essere quindi minore, maggiore o uguale a uno. Se consideriamo che:
- un valore minore di uno indica una disponibilità liquida inferiore alle passività correnti
- un valore uguale a uno mostra equilibrio fra attività e passività
- mentre un valore maggiore di uno rappresenta un’eccedenza di risorse rispetto alle passività
è chiaro che qualsiasi risultato uguale o superiore a uno offra un quadro più o meno positivo nell’analisi di bilancio.
A questo proposito, i valori ottimali degli indici di liquidità sono quelli che si avvicinano – o superano – il due. Un’azienda che mostra un indice di liquidità minore di due (per esempio di 1,25) presenta già una situazione finanziaria da tenere sotto controllo.
Come calcolare l’indice di liquidità per la rateizzazione Equitalia
Oltre che per valutare la solvibilità dell’azienda, gli indici di liquidità tornano utili per accedere alla rateizzazione dei debiti tributari. L’Agenzia delle Entrate, infatti, permette alle aziende di diluire i debiti superiori ai 120mila euro in rate periodiche – purché rientrino tra le aziende in difficoltà.
Per capirlo, l’Agenzia delle Entrate guarda proprio agli indici di liquidità, e in particolare l’indice di tesoreria. In questo caso, se il valore dell’indice in questione è inferiore a 1, l’Agenzia delle Entrate sarà disposta a concedere la rateizzazione fiscale. Questo perché – e lo abbiamo spiegato poco sopra – un valore inferiore a 1 evidenzia i problemi di solvibilità dell’azienda.
Un software che ti supporta nell’analisi della liquidità aziendale
Come garantire, allora, uno stato di salute favorevole alla tua azienda? La risposta è tenendo traccia degli indici di liquidità.
Si tratta però di un compito complesso. Per conoscere l’indice di liquidità della tua impresa, hai bisogno prima di sapere a quanto ammontano le risorse liquide immediate – e differite – che compongono il patrimonio della tua azienda.
Insomma, l’analisi della liquidità non può trascurare alcun dettaglio o grandezza, e necessita quindi del supporto di tecnologie avanzate adatte allo scopo.
Per questo motivo, molte imprese si affidano a software come Agicap pensati proprio per gestire e monitorare la liquidità aziendale.
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