Cosa sono i debiti tributari

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Tutte le aziende presentano, inevitabilmente, una serie di debiti di varia natura che, a livello di stato patrimoniale, rientrano nell’ambito delle passività. Se, al di sotto di una certa soglia, l’indebitamento aziendale risulta perfettamente normale, un indebitamento eccessivo costituisce invece un fattore di rischio. Oltre ai debiti con i fornitori e quelli con banche e istituti finanziari, tra le passività correnti di un’azienda troviamo anche i debiti verso lo Stato: si tratta dei cosiddetti debiti tributari, riconducibili a diverse tipologie di imposte (come IVA, IRES, IRAP, ecc.). Ogni tributo ha una data di scadenza precisa che, se non rispettata, dà origine, appunto, a un debito tributario, ovvero una prestazione dovuta all’erario per la quale sono stati oltrepassati i termini di pagamento. Un’azienda che ha accumulato molti debiti tributari è un’azienda instabile dal punto di vista finanziario, per questo è importante gestirli con la massima attenzione, tenendo sempre sotto controllo gli importi dovuti e le scadenze. In questo articolo vediamo nel dettaglio cosa sono i debiti tributari, come individuarli e come si possono estinguere.

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Debiti tributari: definizione

I debiti tributari corrispondono alle imposte certe e di ammontare determinato che un’azienda o un lavoratore autonomo deve versare allo Stato o agli enti locali (Comuni, Province, Regioni) e il cui termine ultimo di pagamento risulta già scaduto. Si tratta, in altre parole, di imposte dovute e non ancora saldate al fisco, che vengono normalmente applicate sul fatturato annuale.

I debiti tributari non riguardano solo le aziende, ma anche i lavoratori autonomi e i dipendenti (questi ultimi, tuttavia, non versano le proprie imposte direttamente, ma tramite il proprio datore di lavoro).

Tra le imposte riconducibili a debiti tributari troviamo:

  • l’IVA: Imposta sul Valore Aggiunto;
  • l’IRES: Imposta sui Redditi delle Società;
  • l’IRAP: Imposta Regionale sulle Attività Produttive
  • l’IRPEF: Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche
  • le imposte sostitutive;
  • le imposte di fabbricazione;
  • le ritenute sui redditi da lavoro dipendente;
  • le ritenute sui redditi da lavoro autonomo;
  • le ritenute sui redditi di capitale;
  • i debiti relativi ad accertamenti o contenziosi definitivi.

Il mancato pagamento di queste somme nei tempi richiesti comporta l’applicazione di sanzioni. Una volta superata la data di scadenza, quindi, per regolarizzare la propria situazione tributaria occorrerà non solo pagare l’importo corrispondente all’imposta non versata, ma anche saldare eventuali sanzioni e gli interessi applicati.

Dove indicare i debiti tributari in bilancio

La voce dei debiti tributari deve essere riportata chiaramente nel bilancio d’impresa. Nello specifico, i debiti tributari vanno indicati nel passivo dello stato patrimoniale, al netto di acconti, crediti d’imposta e ritenute d’acconto.

Essi rientrano, precisamente, nella categoria delle passività correnti (da estinguere entro dodici mesi), che comprendono, oltre ai debiti tributari, anche i debiti finanziari, i debiti commerciali, rateo e risconti passivi e altri debiti a breve termine.

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Come trovare i debiti tributari

Non sempre le aziende sono al corrente dell’esistenza di debiti tributari a loro carico e di eventuali sanzioni correlate. Per sapere se si è in regola con il pagamento delle imposte e ottenere una panoramica aggiornata e completa dei propri debiti tributari si può richiedere all’Agenzia delle Entrate il certificato unico debiti tributari (anche noto come certificato carichi pendenti fiscali), un documento che attesta l’assenza o l’esistenza di debiti tributari pendenti, in base a quanto risulta nell’anagrafe tributaria.

Tramite questo documento è quindi possibile conoscere la propria situazione tributaria e sapere se si è in regola con il fisco. Il certificato unico debiti tributari, inoltre, viene spesso richiesto anche per accertare l’affidabilità tributaria di un appaltatore, per controllare la presenza di eventuali debiti nell’ambito di procedure straordinarie come fusioni o scissioni, oppure nel caso di cessione dell’azienda.

Cosa compare nel certificato dei carichi pendenti?

Il certificato unico debiti tributari rivela la presenza di eventuali debiti tributari non ancora saldati e mostra tutti i dettagli a essi correlati. In particolare, il documento permette di visionare le seguenti informazioni:

  • ammontare del debito;
  • stato della riscossione alla data di rilascio del certificato;
  • tipologia dell’atto da cui ha origine il debito (un avviso di accertamento, un atto di contestazione, una cartella di pagamento o una comunicazione degli esiti);
  • numero identificativo dell’atto;
  • anno di riferimento;
  • data di notifica;
  • importo residuo dovuto;
  • eventuale rateizzazione in corso (una misura di agevolazione messa a disposizione dal fisco).

Come richiedere il certificato dei carichi pendenti fiscali

Per ottenere il certificato unico debiti tributari (o certificato dei carichi pendenti fiscali) è necessario fare richiesta all’Agenzia delle Entrate, compilando e sottoscrivendo l’apposito modello con i propri dati e applicando l’imposta di bollo ed eventuali tributi speciali. Il modello dovrà poi essere inoltrato con una delle seguenti modalità:

  • tramite consegna diretta, recandosi personalmente (o inviando un soggetto delegato) all'ufficio di competenza (in base al proprio domicilio fiscale);
  • mediante raccomandata con avviso di ritorno;
  • tramite posta elettronica certificata (PEC).

Il rilascio del certificato avviene generalmente nel giro di 30 giorni dalla presentazione della richiesta.

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Compensazione tra debiti e crediti tributari

I crediti tributari, all’opposto dei debiti tributari, rappresentano gli importi certi e determinati per i quali una società ha diritto a rimborso o compensazione da parte del fisco e sono iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale, più precisamente nella categoria delle attività correnti. Si tratta in pratica di crediti che un contribuente vanta nei confronti dello Stato.

Tra gli esempi di crediti tributari troviamo:

  • i versamenti o prelievi in eccesso rispetto all’imposta da corrispondere (ad esempio per acconti IRPEF superiori a quanto effettivamente dovuto);
  • il credito IVA;
  • le ritenute a titolo di acconto subite all’atto della riscossione di determinati proventi.

Nel caso in cui un’azienda sia contemporaneamente titolare sia di crediti sia di debiti tributari può scegliere, in base ai termini previsti dalla normativa vigente, di regolarizzare la propria situazione fiscale con un’operazione di compensazione, effettuando quindi un unico pagamento. La compensazione tra crediti e debiti tributari consente alle imprese di saldare il proprio debito, in parte o per intero, utilizzando eventuali eccedenze di versamento.

Per richiedere la compensazione tra debiti e crediti è necessario che le eccedenze da compensare riguardino l’anno in corso o gli anni precedenti. Inoltre la compensazione può avvenire solo se il diritto al rimborso non è ancora decaduto.

L’operazione può riguardare la stessa tipologia di imposta (compensazione verticale) oppure applicarsi a imposte di natura diversa (compensazione orizzontale), come ad esempio un credito IVA con un debito IRES. Non è invece consentito compensare quote statali e comunali.

Nel caso in cui il credito da recuperare risulti maggiore del debito si può utilizzare l’importo rimanente per compensare i versamenti successivi o, in alternativa, si può richiedere il rimborso per versamento errato.

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Il debito tributario generato dal mancato versamento delle imposte rappresenta una delle passività più comuni e temute dagli imprenditori italiani. Un accumulo eccessivo di debiti tributari è sintomo di un malfunzionamento dell’impresa e, se non gestito correttamente può metterne a repentaglio l’equilibrio finanziario e generare problemi di liquidità.

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