Free cash flow, la formula corretta per calcolarlo

Vuoi conoscere la formula corretta per calcolare il free cash flow della tua azienda? In questo articolo di Agicap imparerai a riconoscere le diverse tipologie di indicatori da tenere in considerazione, nonché le formule specifiche per ciascuna di esse. E infine, una chicca: una soluzione innovativa per analizzare il cash flow senza troppo stress. Leggi fino in fondo l’articolo per scoprirla!
Calcola il free cash flow con una formula! Sì, ma quale?
Calcolare il free cash flow con una formula è un’operazione abbastanza semplice. Il problema, però, è capire quale. Quale formula ti offre l’analisi finanziaria più adatta alle tue esigenze? Da quale punto di vista vuoi osservare i movimenti di liquidità nella tua azienda?
L’espressione “free cash flow” rappresenta una sorta di termine-ombrello che contiene al suo interno diverse tipologie di indicatori. O meglio: il free cash flow – cioè il livello di liquidità che rimane a disposizione dell’azienda dopo aver pagato creditori e investitori – può essere analizzato da prospettive o angoli diversi, che possono tenere conto di certi dati oppure escluderli del tutto.
Quando parliamo di free cash flow, intendiamo perciò:
- il flusso di cassa libero, inteso dunque come free cash flow in senso stretto;
- il free cash flow from operations, ossia il flusso di cassa della gestione operativa
- l’unlevered free cash flow, il flusso di cassa per l’impresa che non considera il capitale di debito dell’azienda
- il levered free cash flow, detto anche equity free cash flow o flusso di cassa al patrimonio netto
Per comprendere meglio le formule che sono necessarie al calcolo del free cash flow, dobbiamo quindi avere contezza del fatto che i punti di vista da cui osserviamo i movimenti di liquidità – e quindi i diversi metodi di calcolo che utilizziamo per conoscere il flusso di cassa libero e le sue sotto-tipologie – possono portare a risultati diversi.
E infatti, la scelta della formula dipende dalle esigenze dell'azienda, dall'obiettivo dell'analisi finanziaria, e dalla strategia di analisi scelta dal CFO (ossia dal responsabile finanziario) della tua attività. E non solo: di frequente, proprio allo scopo di ottenere una valutazione completa e globale dello stato di salute finanziario di un’impresa, è facile che si utilizzi più di una formula per il calcolo del free cash flow, e dunque più di un punto di osservazione.
Cerchiamo però adesso di andare con ordine, e di analizzare così la formula di ogni singola tipologia – tenendo conto che il nostro punto di partenza sarà sempre il free cash flow in senso stretto.
Come si calcola il free cash flow (FCF), inteso come flusso di cassa libero?
La formula per il free cash flow (FCF), che definiamo qui come flusso di cassa libero, è la seguente:
EBIT – imposte + ammortamenti + accantonamenti ± variazioni del CCN = free cash flow
L’EBIT è il reddito operativo lordo dell’azienda che, come sappiamo, è calcolato al netto delle imposte (ma anche degli oneri finanziari). L’aggiunta degli ammortamenti fa entrare in gioco l’EBITDA, mentre gli accantonamenti rappresentano le spese che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria.
Importante! La somma di EBIT, ammortamenti e accantonamenti dà come risultato la capacità di autofinanziamento dell’azienda, che spesso viene confusa con il free cash flow. Invece – come si vede dalla formula – per ottenere il flusso di cassa libero è necessario, infine, sommare (o sottrare), a questo valore, la variazione del CCN, che corrisponde all’aumento o alla diminuzione del capitale circolante netto.
Il flusso di cassa libero (FCF) può essere calcolato anche a partire dal flusso di cassa operativo. Prima di spiegare come, però, bisogna fare una distinzione che tornerà utile nel prossimo paragrafo. Il free cash flow, in italiano, è indicato anche come cash flow operativo. Si tratta infatti di un flusso di cassa che è generato dalla gestione operativa corrente, che può essere anche ottenuto secondo un’altra formula:
utile netto + spese non monetarie ± variazioni del CCN
che rappresenta comunque la liquidità che un’azienda è capace di generare con le sue attività operative.
Come abbiamo detto, però, il free cash flow può essere calcolato con una formula che tiene conto del flusso di cassa operativo, ma inteso come free cash flow from operations. La denominazione corretta sarebbe perciò flusso di cassa libero operativo. La sua formula è indicata nel paragrafo qui sotto.
La formula per il free cash flow from operations (o flusso di cassa operativo)
Il free cash flow from operations, o flusso di cassa libero operativo, abbreviato in FCFO, viene calcolato aggiungendo un altro elemento utile all’analisi finanziaria – specie se proiettata sul lungo periodo. Si tratta degli investimenti in capitale fisso, in altre parole delle immobilizzazioni, indicate di frequente con il termine inglese «capex», acronimo di capital expenditures.
Le immobilizzazioni – siano essere materiali o immateriali – sono investimenti che muovono l’azienda verso la sua espansione o il suo miglioramento. Allo stesso tempo, però, riducono la liquidità disponibile, e quindi il free cash flow come inteso nel paragrafo precedente.
Il flusso di cassa libero operativo, dunque, offre un’immagine ancora più dettagliata della disponibilità liquida di un’azienda – valida anche sul lungo periodo.
La formula per il free cash flow from operations è quindi di facile intuizione:
free cash flow ± capital expenditures = free cash flow from operations
FCFO e free cash flow to firm, la formula cambia?
No, anzi: qui bisogna fare attenzione. Il free cash flow from operations – quindi NON il cash flow operativo, ma il cash flow libero operativo – si identifica con il flusso di cassa per l’impresa (free cash flow to the firm o FCFF) che è, letteralmente, la liquidità che rimane all’impresa dopo aver coperto tutte le sue spese operative, sia a breve che a lungo termine.
La formula per il free cash flow to the firm, perciò, rimane la stessa. Il suo valore ci informa sulla liquidità che rimane a disposizione, perché possa essere in seguito distribuita agli investitori.
Per l’unlevered free cash flow, la formula è la stessa
Tale tipologia di free cash flow – ovvero il flusso di cassa per l’impresa – viene anche definita unlevered free cash flow: «unlevered» in quanto calcolata senza tener conto degli oneri (o dei proventi) finanziari né tantomeno delle imposte.
Nei prossimi paragrafi analizzeremo la formula per il levered free cash flow che va ancora più a fondo nell’analisi finanziaria tramite flussi di cassa.
La formula per l’equity free cash flow (o flusso di cassa per gli azionisti)
È chiaro, a questo punto, che l’analisi del cash flow libero può essere ulteriormente approfondita – provando, per esempio, a capire quanta liquidità rimane a disposizione se si tiene conto anche delle immobilizzazioni finanziarie. Si parlerà allora di equity free cash flow(FCFE), o flusso di cassa per gli azionisti.
Il flusso di cassa per gli azionisti corrisponde alla liquidità che rimane disponibile tenendo in considerazione tutte le sue spese – e quindi: gli investimenti in capitale fisso, gli investimenti in forma di titoli e partecipazioni e infine le imposte. Per questo motivo, il flusso di cassa per gli azionisti è definito anche levered free cash flow, ossia il flusso di cassa libero che rimane una volta coperti tutti i debiti.
Com’è ovvio, il nostro punto di partenza sarà l’unlevered free cash flow già menzionato prima, ovvero il free cash flow from operations (FCFO). La formula dell’equity free cash flow è allora la seguente:
FCFO ± investing cash flow ± proventi o oneri finanziari – imposte = equity free cash flow
laddove per «investing cash flow» va intesa la variazione della liquidità frutto di operazioni di cessione o acquisizione di immobilizzazioni finanziarie.
La formula per il FCFE può essere resa anche in un altro modo, e cioè in una forma estesa che tiene conto di tutto quanto abbiamo detto finora. A quel punto avremo:
FCF ± capex ± investing cash flow ± proventi o oneri finanziari – imposte = equity free cash flow
Tramite questo calcolo è possibile conoscere, dunque, la quantità di denaro che può essere distribuito agli azionisti in forma di dividendi. Va sottolineata qui la differenza tra investitori (come indicato nel paragrafo precedente) e azionisti. Nel primo caso vanno inclusi tutti coloro che partecipano direttamente al capitale proprio o capitale sociale dell’azienda; gli azionisti invece partecipano tramite l’acquisizione di titoli, e a loro la liquidità viene distribuita in forma di dividendi.
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