Sei indici finanziari che devi conoscere, e quello che ti dicono della tua azienda

Tempo di lettura: 7 min.

La parola “indice” talvolta rievoca complessi e frustranti problemi di matematica delle scuole superiori. Le cose cambiano se, nella vita ti trovi a gestire un’impresa, come titolare o amministratore: in questa situazione fare ricorso ad alcuni indicatori non solo può aiutarti nelle scelte da adottare per far crescere l’azienda, ma può evitare che finisca in crisi. In questo articolo accenderemo i riflettori su alcuni tra i più importanti indidatori finanziari per il monitoraggio della liquidità aziendale.

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Indici finanziari: che cosa sono, obiettivi

Gli indicatori finanziari, spesso chiamati anche indici di liquidità o indici di solvibilità sono dei valori che si ricavano mediante l'elaborazione dei dati contabili. Il loro obiettivo principale è quello di misurare la capacità dell’azienda di generare liquidità e di far fronte agli impegni verso i creditori.

Vediamo di seguito i sei indici più importanti, quelli cioè che non puoi dimenticare di monitorare se vuoi che la tua azienda sia in equilibrio finanziario:

1 - Capitale circolante netto (CCN)

È un indicatore che misura la capacità del management di gestire l'attività operativa corrente d'impresa e in termini di calcolo è rappresentato dalla differenza algebrica tra le attività correnti di un’azienda (contanti, fatture non ancora riscosse, scorte di materie prime e prodotti finiti) e le sue passività correnti (debiti con i fornitori, per esempio), dove per corrente ci si riferisce a un periodo uguale o inferiore a un anno. Le attività e passività a breve devono essere non finanziarie, relative al core business, di natura monetaria (non contabile).

CNN = Attività correnti – Passività correnti

Un capitale circolante positivo indica che un'azienda può finanziare le sue operazioni correnti e, eventualmente, investire in attività di crescita future. Una situazione opposta è l’indice di tensione finanziaria in atto o imminente.

2 - Quick Ratio o acid test

È un indice usato per determinare il grado di solvibilità di un’impresa: esprime la capacità di una società di assolvere ai propri debiti a breve termine utilizzando risorse liquide o che si possono liquidare in breve tempo (cassa, crediti commerciali, ecc.).

È calcolato come rapporto tra le attività a breve termine (crediti verso clienti a breve termine, vale a dire riscuotibili entro 12 mesi, denaro in cassa, eccetera) escluse le rimanenze e i debiti a breve termine (debiti verso fornitori da onorare entro 12 mesi).

Quick ratio = Totale attività correnti - Rimanenze/Totale passività correnti

Valori superiori a 1 indicano che l'azienda ha una buona solvibilità e riuscirà a far fronte al pagamento dei debiti a breve con le sole risorse a breve termine, senza intaccare le risorse economiche immobilizzate. Se invece gli indici in questione sono inferiori all’unità si evidenzia una situazione di difficoltà finanziaria.

3 - Earnings per Share (EPS)

Nella denominazione italiana "utile per azione", l’EPS misura l’utile netto disponibile per gli azionisti ordinari. In pratica, quando si è in possesso di azioni di una società si partecipa di fatto ai suoi guadagni futuri (o al rischio di perdita) della società in proporzione alla propria quota.

L’utile per azione viene calcolato dividendo il profitto generato in un determinato periodo di tempo con il numero delle azioni in circolazione sul mercato nello stesso arco temporale.

EPS = Utile netto/Numero medio di azioni in circolazione durante il periodo di riferimento

Se una società ha utili pari a zero o negativi (ovvero una perdita), anche gli utili per azione saranno pari a zero o negativi. Un EPS più elevato indica un valore maggiore.

4 - Indice di indebitamento

È un rapporto finanziario utilizzato in contabilità per determinare quale parte delle attività di un'azienda è finanziata attraverso il ricorso al debito.

Indice di indebitamento = Passività/Patrimonio netto

Tale indice offre una visione di come l'azienda è finanziata, se principalmente tramite debiti (obbligazioni), azioni o una combinazione uguale di entrambi. Nel calcolo si tiene conto sia delle attività a breve che di quelle a lungo termine applicandole entrambe nel calcolo del totale attivo rispetto al totale del debito della società.

5- ROE

Acronimo di Return on Equity, in italiano ritorno del capitale proprio, è uno dei principali indicatori per verificare se l'investimento nel capitale di un'attività imprenditoriale si sia rivelato o meno un buon affare. Il suo valore non è solo determinato dalle scelte compiute nell’ambito della gestione caratteristica, cioè il core business di un'azienda, ma anche dalle decisioni in merito alla gestione finanziaria e patrimoniale.

Il ROE può essere calcolato per qualsiasi azienda se l'utile netto e il patrimonio netto sono entrambi numeri positivi:

ROE = Utile netto/Patrimonio netto

Maggiore è il ROE di una società, maggiore è la sua appetibilità. Attenzione, però. Questo concetto vale se si comparano società appartenenti allo stesso settore e simili per dimensioni.

6 - Current ratio

Detto anche indice di liquidità, è un indicatore finanziario che misura il tasso di liquidità di una società attraverso il rapporto tra attività correnti e passività correnti. Questo indicatore, tra i più impiegati per l’analisi delle condizioni di liquidità, esprime la capacità di un’azienda di assolvere ai propri obblighi a breve termine, mediante la conversione in denaro liquido di tutti gli investimenti circolanti (comprese le rimanenze di magazzino).

È calcolato dividendo le attività correnti con le passività correnti di una società:

Current Ratio = Totale attività correnti/Totale passività correnti

Per concludere

Troppo spesso l’aspetto finanziario di un’attività economica è vissuta dagli imprenditori come un argomento lontano dalla gestione quotidiana dell’azienda, che può essere affidato a consulenti esterni. In realtà, sottovalutare l’importanza della gestione della liquidità diventa un rischio che le imprese, soprattutto quelle medio-piccole, non possono permettersi.

Una situazione patrimoniale, dove l’attivo a breve non copre il passivo a breve, segnala che non ci sono risorse a cui attingere per coprire tutti i debiti correnti. Ciò non vuol dire necessariamente che l’azienda sia a rischio di insolvenza, ma è comunque un segnale di una difficoltà nel gestire le risorse finanziarie.

A grandi linee, tuttavia, un’azienda può dirsi al sicuro dal rischio di liquidità quando può:

  • convertire rapidamente le attività liquide in contanti;
  • accedere ai prestiti e diversificare le fonti di finanziamento.

Per evitare di finire nei guai, una buona pratica da non trascurare è quella di attuare un costante e preciso monitoraggio del cash flow. Ovvero, gestire bene il proprio flusso di cassa, monitorare costantemente e con precisione le entrate e le uscite di liquidità e sapere quale strategia adottare (prestiti e investimenti, tra gli altri). Una gestione di tesoreria fatta male può rapidamente mettere l’azienda in pericolo.

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