Recupero crediti: come fare un piano di rientro

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Indebitarsi è facile, lo stesso non si può dire quando tocca ripagare i debiti contratti. La situazione rischia di complicarsi ulteriormente quando la congiuntura economica rema contro. Si pensi per esempio al caso della pandemia, quando molte attività hanno dovuto chiudere le serrande da un giorno all'altro. Ecco, in questi casi, ovvero in presenza di fattori imprevisti che modificano inaspettatamente le prospettive di business, è possibile trovarsi nelle condizioni di dover ripagare un debito e di non avere la liquidità necessaria per farlo. I problemi si moltiplicano quando i debiti sono molto alti e non è possibile, dunque, ripagarli in un'unica soluzione. Come fare? Una possibile soluzione a questa situazione è chiedere al creditore una rateizzazione. È in questi casi che si parla di “piano di rientro”, opzione che rappresenta un notevole alleggerimento dell'obbligazione per il debitore e allo stesso tempo consente di ridurre i rischi e le incognite per il creditore. In questo articolo proveremo a fare luce su che cos’è il piano di rientro, come funziona e quali sono i vantaggi.

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Piano di rientro del debito, che cos’è

Per piano di rientro di un debito si intende un accordo tra il debitore e il creditore nel quale viene stabilito che l’estinzione del debito contratto avverrà non più in un’unica soluzione ma a rate. Quindi, la somma dovuta sarà suddivisa in rate pagate in un arco temporale definito dalle parti. Attenzione, il creditore non è mai obbligato a redigere e accettare un piano di rientro. Tuttavia, in molte occasioni, questa soluzione risulta essere la decisione migliore per accontentare le due parti coinvolte. Con un piano di rientro il creditore potrà assicurarsi il pagamento dell’intera somma prevista nel contratto iniziale, mentre il debitore avrà la possibilità di pagare il debito in tempi più lunghi, evitando il pignoramento dei beni.

Piano di rientro: come funziona, un esempio

In termini pratici, il suo funzionamento è piuttosto semplice. La somma che il debitore deve versare al creditore viene suddivisa per il numero di rate concordate. Facciamo un esempio. Supponiamo che il debito iniziale sia di 50.000 euro e il debitore debba versare l’intero importo in 100 rate, la somma dovuta dal debitore per ogni rata sarà pari a 500 euro. Ovviamente, l’importo dovrà essere ricalcolato se il debitore è tenuto a pagare anche gli interessi.

Fondamentale, quando si decide di fare ricorso a tale strumento, è che il piano di rateizzazione sia effettivamente sostenibile. Questo perché, come vedremo più avanti, non sono rari i casi in cui anche i piani di rientro non vengono onorati.

Piano di rientro: i vantaggi

Premesso che, per quanto possibile, è sempre meglio evitare il rischio di mancati pagamenti, il piano di rientro presenta indubbi vantaggi:

  • consente al debitore la rinegoziazione dei termini di pagamento in base alle proprie possibilità, evitando costi aggiuntivi e conseguenze legali derivate dal non pagamento, come il pignoramento dei beni;
  • permette al creditore di ottenere la somma di denaro prevista nel contratto originale;
  • salvaguarda il rapporto commerciale tra debitore e creditore, che potrà tornare alla normalità una volta superato il periodo di crisi.

Come redigere un piano di rientro

Il piano di rientro, abbiamo visto, modifica un’obbligazione già esistente fra due o più parti nei tempi e nei modi di esecuzione. Proprio perché va a cambiare i termini del pagamento, è necessario che questo accordo venga messo per iscritto per evitare malintesi o contestazioni da parte di una delle parti interessate.

La redazione del piano di rientro normalmente avviene tramite una scrittura privata, in carta semplice, che non ha bisogno di registrazione o di un notaio per essere formalizzata.

Elementi essenziali presenti nella piano sono:

  • i dati delle parti (cioè del creditore e del debitore);
  • la data della stipula della scrittura;
  • la fonte da cui ha avuto origine il debito (per esempio, gli estremi del contratto);
  • l’importo da pagare al creditore e anche quello che è già stato versato e pagato;
  • il numero di rate e l’ammontare di ogni singola rata;
  • i tempi entro cui il debito dovrà essere estinto;
  • eventuali interessi da applicare;
  • firma del creditore e del debitore.

Oltre a queste indicazioni, che sono contenuti essenziali, il piano di rientro può contenere altre indicazioni. Prima fra tutte, la dichiarazione da parte del creditore di rinunciare ad azioni esecutive (come per esempio la vendita forzata di un bene del debitore per ritornare in possesso della somma che gli spetta) durante l’esecuzione del piano di rientro.

Di solito, viene inoltre specificato come il creditore può comportarsi se il debitore non paga le rate concordate e, infine, l’indicazione di una parte terza che svolga il ruolo di garante nel caso in cui non siano rispettati i termini di pagamento.

Questi ultimi aspetti sono fondamentali. Se, tra le due parti, sei il creditore, stabilisci per esempio che, in caso di inadempienza, la fattura dovrà essere pagata immediatamente per intero. Questo ti darà anche la possibilità di avviare subito azioni legali. È inoltre sempre meglio specificare che i costi sostenuti per recuperare il credito in caso di inadempienza saranno a carico del debitore.

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Piano di rientro: cosa succede in caso di inadempimento?

Il piano di rientro può essere proposto indifferentemente dal debitore o dal creditore. Chiunque sia il proponente, una volta sottoscritto, il nuovo accordo costituisce in sé un'ammissione di debito.

Ciò implica che, in caso di mancato pagamento, il creditore può fare ricorso al giudice per ottenere un decreto ingiuntivo per il pagamento immediato dell’intero importo.

Per evitare situazioni, come quelle appena descritte, e ridurre i rischi, il creditore può tutelarsi facendo firmare al debitore delle cambiali. Queste ultime, in caso di inadempimento, consentono di avviare la procedura di protesto e di agire contro il debitore direttamente con il pignoramento, senza dover richiedere il decreto ingiuntivo.

Per concludere

Sono tante le PMI che, a causa di un mancato pagamento, non riescono a sostenere le spese per pagare utenze, fornitori, fino al pagamento regolare degli stipendi, ovvero tutte le spese necessarie a far sopravvivere l’attività. Situazioni sempre più frequenti per via della pandemia prima, e del deterioramento del quadro economico generale dovuto al caro energia/carburante e all’impennata dell’inflazione, più di recente. Qualunque sia la causa, dietro tutte queste situazioni c’è una carenza di liquidità.

Il cash flow è la chiave di volta che tiene in piedi un’azienda nonché è l’unica risorsa che può far funzionare l’area operativa di un’attività (tramite l’acquisto di materie prime o il pagamento del personale, ecc.) ma, spesso, è anche una delle cause principali del fallimento aziendale.

Se la cassa è vuota non può esserci attività di produzione, né è possibile pensare alla crescita dell’impresa. È per questo motivo che la gestione della liquidità merita un’attenzione particolare.

Uno degli errori più grandi che le aziende commettono è di scegliere una gestione manuale, oppure di limitarsi a uno strumento come Excel che rimane comunque manuale in larga parte.

Quello che succede di frequente, però, è che nel tracciamento dei movimenti di cassa finiscono per perdersi le spese più piccole, le scadenze ritenute poco importanti. Senza dimenticare che, a volte, per mancanza di tempo, l’aggiornamento dei dati si fa incostante.

Una corretta gestione della liquidità aziendale invece ha bisogno di strumenti idonei e accurati.

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