Cosa sono i termini di pagamento

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Qualsiasi azienda si trova, prima o poi, a dover fare i conti con pagamenti che non arrivano nei tempi stabiliti. Benché comune, si tratta di un problema da non prendere sottogamba, soprattutto quando gli importi non riscossi diventano consistenti e i ritardi importanti. Se mal gestiti, infatti, i pagamenti insoluti possono impattare in maniera molto negativa sul flusso di cassa aziendale e generare crisi di liquidità. Per evitare che ciò accada, è fondamentale tenere sempre sotto controllo le tempistiche delle fatture emesse e, dunque, i loro termini di pagamento, che definiscono il limite temporale entro il quale il debito deve essere saldato. Vediamo quindi in cosa consistono i termini di pagamento delle fatture, quali sono e cosa prevede la legge in proposito.

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Cosa vuol dire termini di pagamento?

I termini di pagamento indicano il limite di tempo massimo entro il quale è necessario pagare una fattura. In altre parole, specificano la finestra temporale che il destinatario della fattura (debitore) ha a disposizione per saldare in maniera puntuale l’importo indicato.

Attenzione a non confondere i termini con le modalità di pagamento: i primi si riferiscono, infatti, alle tempistiche, mentre le seconde indicano i metodi – fisici o virtuali – che possono essere utilizzati per liquidare il debito (bonifico bancario, assegno, contanti, bollettino postale, ecc.).

Conoscere i termini di pagamento di una fattura permette di determinare con esattezza la sua data di scadenza, ovvero l’ultimo giorno utile per il saldo: un’informazione che non sempre è espressamente indicata e che, dunque, è bene saper ricavare.

Capire quando scade una fattura è semplice: basta considerare la data di emissione. Infatti, è in base al giorno in cui la fattura è stata emessa, tenendo conto del periodo indicato dai termini di pagamento, che si può iniziare il conto alla rovescia.

Termini di pagamento: quali sono?

A seconda del prodotto o servizio acquistato, il pagamento può essere:

  • anticipato, corrisposto prima che la merce venga consegnata;
  • immediato, effettuato al momento stesso dell’acquisto;
  • differito o a termine, completato in un arco temporale variabile (generalmente non superiore ai 60 giorni).

Di seguito vediamo insieme un elenco dei termini di pagamento differiti più comuni.

Termini di pagamento a 30/60/90 giorni data fattura (DF)

Il pagamento deve avvenire nei 30, 60 o 90 giorni successivi alla data di emissione della fattura.

Termini di pagamento a 30 giorni a fine mese (FM)

Il periodo di tempo utile per effettuare il pagamento inizia, in questo caso, a partire dal mese successivo alla data di emissione della fattura e si conclude alla fine dello stesso mese. Ad esempio, nel caso di una fattura emessa in data 23/06, il pagamento dovrà avvenire entro il 31/07.

Termini di pagamento rimessa diretta

Il termine “rimessa diretta” in una fattura si riferisce alle modalità di pagamento, più che alle tempistiche. Tale dicitura implica infatti che il pagamento sia effettuato in maniera diretta, vale a dire senza intermediari: vanno bene contanti, assegni, bancomat ecc., mentre si esclude il pagamento tramite ricevuta bancaria (RIBA), che richiederebbe, appunto, l’intermediazione della banca.

Le fatture a rimessa diretta possono essere a “vista fattura”, e dunque richiedere il pagamento immediato, oppure possono essere saldate in un secondo momento, in base agli accordi presi.

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Fatture non pagate: cosa fare?

Il superamento dei termini di pagamento di pochi giorni non comporta, generalmente, particolari problemi, ma se il ritardo si protrae nel tempo il discorso cambia, soprattutto quando i crediti insoluti diventano numerosi. Il rischio, in questi casi, è di subire una crisi di liquidità che, in mancanza di misure adeguate, può intaccare il flusso di cassa della tua azienda e comprometterne la salute finanziaria.

In caso di fatture non pagate e in base alla gravità dei ritardi puoi quindi intraprendere una serie di azioni “amichevoli” per ottenere le somme che ti spettano: contattare i cattivi pagatori via telefono o email, inviare lettere di sollecito e, se le prime misure non dovessero risultare efficaci, rivolgerti a un’agenzia di recupero crediti.

Se l’insolvenza si protrae ulteriormente e tutte le precedenti soluzioni non sortiscono l’effetto sperato, puoi infine decidere di procedere per vie legali e fare ricorso al giudice, così da ottenere il pagamento coattivo degli importi dovuti.

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Fatture e termini di prescrizione

I termini di pagamento servono a stabilire il limite di tempo per pagare una fattura. Tuttavia, il diritto a esigere il pagamento di una fattura insoluta non dura indefinitamente, ma ha anch’esso una scadenza. In altre parole, superato un certo periodo, le fatture cadono in prescrizione e il creditore non ha più la facoltà di esigere il pagamento dal suo debitore.

I tempi di prescrizione di una fattura sono variabili e dipendono dalla ragione per cui è stata emessa. In generale, tutte le fatture derivanti da un contratto cadono in prescrizione dopo 10 anni, ma esistono anche casi di prescrizioni molto più brevi: ad esempio, le fatture per lavori edili e di ristrutturazione cadono in prescrizione dopo 1 anno, le fatture di professionisti (avvocati, ingegneri, notai, ecc.) si prescrivono dopo 3 anni, le fatture per luce e gas dopo 2 anni, ecc.

Ovviamente, è possibile evitare che una fattura cada in prescrizione (altrimenti, i cattivi pagatori avrebbero vita facile!). Per farlo, ti basterà, ad esempio, inviare una lettera di sollecito con raccomandata a.r. o con pec: in questo modo, la prescrizione verrà estesa per un periodo identico al primo (ad esempio di altri 10 anni, nel caso di fatture che cadono in prescrizione dopo 10 anni). L’importante è intervenire prima che il termine di prescrizione (da non confondere con il termine di pagamento!) sia trascorso.

Termini di pagamento delle fatture: cosa prevede la legge

Per contrastare i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, l’Unione Europea ha emanato un’apposita normativa, la direttiva 2011/7/EU.

La direttiva, recepita dalla legge italiana con il decreto legislativo 9 novembre 2012 n. 192, prevede una disciplina differenziata a seconda che si tratti di transazioni tra imprese o di transazioni tra pubbliche amministrazioni e imprese.

In entrambi i casi, la normativa stabilisce che, se si verificano ritardi nei pagamenti, il creditore ha diritto a riscuotere degli interessi di mora senza che sia necessario un sollecito, a patto che siano rispettate le seguenti condizioni:

  • il creditore deve aver adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge;
  • il ritardo nel pagamento deve essere imputabile esclusivamente al debitore.

Oltre agli interessi di mora, la normativa prevede per l’impresa in credito il diritto al risarcimento delle spese di recupero delle somme non riscosse, nell’importo minimo forfettario di 40 euro. In più, se i costi sostenuti per il recupero eccedono l’importo forfettario (ad esempio, nel caso in cui sia necessario rivolgersi a un avvocato o a un’agenzia di recupero crediti), il creditore può richiedere un risarcimento supplementare.

Termine di pagamento per transazioni commerciali tra imprese

Per le transazioni commerciali tra imprese, la direttiva UE non comporta un termine di pagamento armonizzato (ovvero identico per tutti gli Stati membri), ma concede libertà contrattuale. I termini di pagamento contrattualmente stabiliti non dovrebbero comunque superare i 60 giorni. Se espressamente concordati tra le parti, sono ammissibili anche termini più estesi, a condizione che non risultino gravemente iniqui per il creditore.

Per quanto riguarda eventuali ritardi nei pagamenti, le imprese hanno la facoltà di stabilire contrattualmente gli interessi di mora da applicare nelle loro transazioni commerciali. Tuttavia, la decisione di discostarsi dai tassi legali di interessi di mora – corrispondenti all’8% – deve essere giustificata da un valido motivo.

Gli interessi di mora restano sempre e comunque dovuti e le imprese non possono per nessuna ragione escluderne l’applicazione.

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Termini di pagamento per la pubblica amministrazione

Per le transazioni con organismi della Pubblica Amministrazione la normativa europea prevede una vera e propria armonizzazione a livello europeo dei termini di pagamento:

  • in assenza di previsioni contrattuali, le amministrazioni pubbliche sono tenute a pagare i beni e servizi acquistati entro un massimo di 30 giorni;
  • in circostanze eccezionali, il termine di pagamento può essere esteso fino a un massimo di 60 giorni, sempre rispettando i criteri di equità per il creditore.

Quando si verifica un ritardo nei pagamenti tra imprese ed enti della PA, l’impresa creditrice ha automaticamente diritto, senza necessità di sollecito, a un interesse legale di mora corrispondente all’8%.

Monitora i termini di pagamento delle fatture con Agicap per evitare problemi di liquidità

Il superamento dei termini di pagamento delle fatture, se diffuso e protratto del tempo, può impattare in maniera significativa sulla liquidità della tua azienda.

Per evitare che ciò accada, è fondamentale monitorare in maniera puntuale e costante il flusso di cassa, tenendo traccia di tutti i pagamenti dovuti, delle tempistiche di riscossione e, soprattutto, di eventuali ritardi. Ciò permetterà di intervenire in maniera tempestiva per recuperare i crediti insoluti (ed evitare che diventino inesigibili per via dei tempi di prescrizione).

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