Come coprirsi dal rischio di cambio

È facile intuirlo: le PMI che lavorano a stretto contatto con i Paesi esteri vanno incontro a rischi maggiori. Infatti, sebbene le attività di import export rappresentino per molte aziende un’enorme opportunità di crescita, gli scambi commerciali in valute estere possono destabilizzare gli equilibri finanziari dell’impresa. E la ragione è da rintracciare nelle logiche del tasso di cambio che – oscillando da un valore all’altro, come spesso accade nei periodi di grossa instabilità economica – compromettono di frequente la pianificazione della liquidità aziendale. In questo articolo cercheremo allora di capire come coprirsi dal rischio di cambio senza incorrere in una crisi di liquidità. Continua a leggere per scoprirlo.
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Tasso di cambio: una definizione
Il tasso di cambio è un numero che esprime il valore di una moneta estera; lo si potrebbe definire, in un certo senso, come il prezzo di una moneta estera.
Se vogliamo spiegarlo con un esempio, possiamo prendere in considerazione il nostro Euro (EUR) e un’altra valuta straniera, come il Dollaro (USD): quanti dollari puoi acquistare con 1,00 €? La risposta ti darà il valore del tasso di cambio euro-dollaro in un determinato periodo. La stessa logica si applicherà, ovviamente, anche alle altre valute.
Per comprendere bene il meccanismo dei tassi di cambio, dobbiamo tenere in mente che la valuta di ogni Paese è associabile a una merce. E quindi, in qualità di merce, una moneta:
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può essere scambiata con altri beni;
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ha un valore di scambio sul mercato.
Questo vuol dire che una valuta – per esempio l’euro – può essere utilizzata per acquistare un’altra valuta – come il dollaro, nel caso riportato sopra – a un prezzo determinato dal suo valore.
Il valore di una moneta sul mercato subisce però variazioni nel corso del tempo. Variazioni che possono svalutare o rivalutare la moneta, rendendo instabili gli scambi commerciali internazionali.
Cosa influenza il tasso di cambio?
Come abbiamo già detto poco sopra, il tasso di cambio rappresenta il valore di una moneta nel mercato internazionale – quindi sempre rispetto a un’altra valuta straniera presa in considerazione.
Che cosa influenza il tasso di cambio?Il valore di una moneta sul mercato è determinato da molteplici fattori, che riguardano sia le scelte politiche ed economiche interne di un Paese sia i suoi scambi commerciali con l’estero.
Nello specifico, i fattori principali che influiscono sul tasso di cambio sono:
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la politica monetaria, quindi le decisioni strategiche delle banche centrali (nel caso europeo, la BCE) in relazione ai tassi di interesse, tassi di inflazione e debito pubblico;
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la stabilità nazionale, ivi compresi conflitti interni, governi instabili, ma anche una scarsa crescita economica e alti livelli di disoccupazione e inflazione;
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gli scambi commerciali internazionali, intesi sia come attività di import/export, che come flussi di capitali in entrata o in uscita da un dato Paese.
Prendendo in considerazione il terzo e ultimo punto, per esempio, potremmo parlare di un Paese con una moneta deprezzata qualora questo abbia livelli di import maggiori rispetto all’export.
In altre parole, un Paese che importa beni in numero maggiore rispetto a quelli che invece esporta avrà una moneta di basso valore in confronto a un Paese che esporta molto e importa poco.
Tutti i fattori menzionati qui sopra sono, tra l’altro, strettamente connessi gli uni con gli altri. Questo sistema rende quindi difficile prevedere in largo anticipo le variazioni di tasso di cambio.
Quello che bisogna tenere a mente è però la logica del tasso di cambio. E quindi la provvisorietà del valore di una moneta e, di conseguenza, la facilità con cui il tasso di cambio fluttua da un valore all’altro.
Perché si parla di rischio di cambio?
La costante fluttuazione del tasso di cambio produce effetti diretti nelle imprese che lavorano con il mercato estero.
Le attività di import/export per certe PMI italiane rappresentano addirittura la fonte di finanziamento primaria, pertanto i rischi legati alle variazioni di una valuta estera vanno sempre pianificati per tempo e gestiti con attenzione.
Per darne una definizione precisa, diciamo che il rischio di cambio è un rischio di mercato legato al potere di acquisto di una valuta estera che, in caso di scambi commerciali internazionali, potrebbero comportare una perdita economica per l’azienda che ha concesso dei crediti.
Facciamo un esempio. La tua azienda italiana ha venduto beni o servizi negli Stati Uniti con un listino di prezzi in dollari. Al momento dell’emissione della fattura, il prezzo è fissato secondo il tasso di cambio di quel periodo (o del periodo in cui è stato compilato il listino prezzi).
Supponiamo che questo tasso di cambio sia EUR/USD 1,10. Beni e servizi del valore di 10 mila euro vengono allora venduti al prezzo di circa 11 mila dollari. Al momento dell’effettivo incasso del credito commerciale, però, il tasso di cambio passa a EUR/USD 1,30. Gli 11 mila dollari preventivati e incassati, a quel punto, corrispondono a 8.461 euro. La perdita per la tua azienda sarà allora di circa 1.500 euro per questo singolo scambio commerciale.
Va da sé che, al contrario, le variazioni di segno opposto possono condurre a un maggiore profitto sulla transazione qui sopra indicata. Si tratta però comunque di un’opportunità debole.
Le perdite dovute al tasso di cambio vengono chiaramente registrate a livello contabile. E se estese a tutte le operazioni di vendita di un’impresa che esporta all’estero, queste pesano molto sugli equilibri del cashflow aziendale.
Il rischio di cambio è allora connaturato agli scambi commerciali con l’estero, ma se non è pianificato per tempo comporta perdite ingenti che finiscono per intaccare i margini di tesoreria.
Come coprirsi dal rischio di cambio, allora?
Se amministri una PMI italiana e porti avanti frequenti scambi commerciali con l’estero, la copertura del rischio di cambio è certamente un aspetto che devi valutare.
Esistono infatti diverse strategie per minimizzare gli effetti delle oscillazioni del tasso di cambio. Strategie di copertura del rischio chiamate anche forme di hedging. Qui di seguito te ne elencheremo alcune.
Una delle possibilità è, per esempio, quella di sfruttare strumenti finanziari specifici. Tra questi menzioniamo i finanziamenti in valuta estera e anche i depositi in valuta estera.
Esistono poi i contratti derivati, ovvero dei contratti il cui valore è calcolato in base all’andamento di un titolo sottostante. Sono contratti derivati: futures e forward, currency swap, e le opzioni su valute.
Tra le strategie più efficaci, poi, troviamo la copertura naturale o natural hedging. La copertura naturale del rischio di cambio risolve sul piano contabile il credito in valuta straniera, contraendo un debito nella stessa valuta, con lo stesso importo e con la stessa scadenza.
In altre parole, con il natural hedging si cerca di sincronizzare le entrate e le uscite in una certa valuta estera, equilibrando il cash flow e contenendo così gli effetti delle fluttuazioni.
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Quando i rapporti commerciali con l’estero sono estesi e numerosi, la copertura del rischio di cambio rappresenta una priorità per chi gestisce la liquidità aziendale.
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