Fattura non pagata: quanto tempo ho per richiedere il pagamento

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Può capitare, soprattutto nei periodi di crisi economica, che a lavoro svolto, una società incassi in ritardo o non incassi del tutto gli importi fatturati. Un problema non irrilevante per il soggetto che ha emesso la fattura. Soprattutto se si tratta di cifre importanti. Cosa fare in queste circostanze? Come esigere il pagamento? Ce ne occuperemo in questo articolo, provando a fare chiarezza su alcuni dei rischi più rilevanti legati a doppio filo al mancato pagamento.

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Fattura non pagata: i rischi

Gestire un’impresa comporta alcuni rischi, tra questi il mancato pagamento di una fattura. Partendo dal presupposto che le fatture da incassare rappresentano la fonte principale di liquidità nelle casse di un’azienda, un eventuale accumulo di documenti fiscali non saldati rischia di innescare un circolo vizioso i cui effetti possono essere tanto negativi quanto difficili da prevedere. Una fattura non pagata può diventare – nel giro di poco tempo – un ostacolo insormontabile nel pagamento delle forniture, dei dipendenti e di qualsiasi altra obbligazione. Si intuisce, quindi, come la questione dei crediti insoluti non sia soltanto un problema contabile, ma vada a colpire una funzione vitale all’interno dell’impresa: dove non c’è liquidità, non è possibile affrontare alcuna spesa.

Fattura non pagata: gli errori da evitare

Nella vita di un’azienda prima o poi capita di imbattersi in clienti che non pagano. A fronte di un rischio di questo tipo, è possibile tutelarsi? La riposta è “sì” purché si mettano in pratica tutta una serie di accorgimenti già nella fase di compilazione della fattura.

Talvolta succede che ritardi nei pagamenti siano dovuti a errori e dimenticanze da parte di chi emette la fattura, piuttosto che alla mera volontà del cliente di non pagare.

Un errore molto frequente è quello di non specificare la tempistica entro cui il cliente deve provvedere al pagamento. Generalmente si fissa un limite temporale di 30 giorni per procedere al pagamento, anche se possono essere accordate tempistiche diverse a seconda dei soggetti interessati. Una fattura è un vero e proprio documento fiscale: di conseguenza, i clienti sono tenuti a provvedere al pagamento entro la data stabilita. Solitamente se il pagamento supera i 60 giorni, conviene stabilire le tempistiche per iscritto.

Altrettanto importante, quando ci si trova di fronte a ritardi o mancati pagamenti, è verificare che nella fattura siano presenti tutte le informazioni necessarie per il bonifico: i dati sui soggetti coinvolti, sulla partita IVA, sugli importi che il cliente deve provvedere a pagare e sugli estremi bancari del pagamento. In particolare, l’IBAN corretto su cui versare l’importo dovuto.

I tempi per richiedere il pagamento di una fattura

Una volta verificato che il mancato pagamento non sia il risultato di un errore nella compilazione della fattura, inizia quello che viene definito recupero credito, diviso in fase stragiudiziale e, in caso di insuccesso, in fase giudiziale.

Prima tappa della fase stragiudiziale è quella di inviare un sollecito bonario del pagamento. Di solito questa avviene via email o tramite una telefonata.

L’email ordinaria ha valore di prova documentale nel corso di un eventuale processo, sempre che ci sia una risposta o una prova che il debitore l’abbia letta.

Come ulteriore forma di tutela, molte imprese e professionisti, soprattutto quando lavorano con gli stessi clienti, definiscono un contratto in cui vengono stabilite le tempistiche di consegna, scadenze e pagamenti. Si tratta di una sicurezza aggiuntiva, anche se episodi di mancato pagamento delle fatture possono comunque avvenire in presenza di un accordo scritto.

Se l’avviso bonario non sortisce nessun effetto o se le tempistiche di pagamento sono state largamente superate, si passa alla fase di recupero del credito propriamente detta, attraverso una diffida o messa in mora, una sorta di sollecito che viene inviato al fine di intimare il debitore ad adempiere a una obbligazione.

Tale comunicazione dovrà essere inoltrata o a mezzo di raccomandata A/R o con posta elettronica certificata (PEC).

Non va dimenticato che la diffida interrompe la prescrizione, ovvero il termine entro il quale viene estinto il diritto di riscuotere i crediti, che nelle relazioni con le aziende è fissato in dieci anni.

In altre parole, se come titolare di impresa non agisci entro dieci anni nei confronti dei tuoi debitori, vedrai praticamente sfumare la possibilità di incassare l’importo della fattura emessa.

Qualora il debitore, nonostante il ricevimento della diffida, non dovesse pagare si può ricorrere a un decreto ingiuntivo, ultima tappa prima del procedimento giudiziario vero e proprio.

Il decreto ingiuntivo è uno strumento di tutela attraverso il quale il Giudice, per conto del creditore, intima al debitore di pagare una somma di denaro.

Tale azione dovrà avvenire entro e non oltre il termine di 40 giorni dalla notifica, lasso di tempo entro il quale il debitore ha la facoltà di presentare opposizione al procedimento in corso.

Per concludere

Il mancato pagamento delle fatture, abbiamo visto, è in grado di innescare un circolo vizioso, in cui l’azienda creditrice in assenza di liquidità sufficiente per far fronte alle spese diventa a sua volta debitrice. Ecco perché, nell’amministrazione di un’azienda, è importante tenere sotto controllo il flusso di cassa in entrata e in uscita, magari creando anche un sistema di previsione in grado di anticipare i periodi più complicati. Una corretta gestione della liquidità aziendale ha bisogno di strumenti idonei, che limitino gli errori, specie se si usa uno strumento come Excel che rimane comunque manuale in larga parte.

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