Quali sono le operazioni di disinvestimento

Il disinvestimento è il processo economico inverso a quello dell'investimento. Ovvero quello in cui l’azienda crea ricchezza, vendendo un bene o un asset e ricevendo in cambio liquidità. Questo denaro potrà essere reinvestito nel processo produttivo o utilizzato per ripianare eventuali debiti. In questo articolo proveremo a capire quali sono le principali operazioni di disinvestimento e le finalità principali.
Operazioni di disinvestimento: che cosa sono
Quando si parla di operazioni di disinvestimento si fa riferimento all’ultima fase delle operazioni di gestione aziendale: quella in cui l'impresa si reca sul mercato per vendere beni o servizi. A fronte della vendita, l’azienda realizzerà i ricavi (o fatturato) e allo stesso tempo, a seconda delle condizioni di pagamento, delle entrate di denaro immediate o differite (crediti). Se i ricavi saranno superiori ai costi, l’impresa avrà conseguito un profitto. In caso contrario, ci troveremo di fronte a una perdita.
Il conseguimento di un utile vuol dire che l’impresa ha creato ricchezza e che, di conseguenza sarà in grado di remunerare anche l’imprenditore o i soci per il capitale di rischio investito nell’attività. È tuttavia possibile che l’imprenditore e i soci decidano di lasciare i profitti in azienda, destinandoli, in questo modo, agli investimenti: si parlerà in questo caso di autofinanziamento.
Ma quando si parla di disinvestimento non si fa riferimento solo alla vendita di merci e servizi. Talvolta, con lo stesso termine si fa riferimento alla cessione di attività finanziarie o asset in possesso dell'azienda. Si pensi al disinvestimento di titoli o fondi. O al caso di dismissioni di divisioni o società controllate che non sono produttive, o che comunque non soddisfano le attese.
In tutti i casi, il risultato finale sarà un incremento della ricchezza dell’azienda.
Disinvestimento degli asset aziendali: le cause
Il motivo più ricorrente per cui un’impresa ricorre al disinvestimento è quello di eliminare le attività non performanti e non fondamentali. Può capitare, per esempio, che società di grandi dimensioni o conglomerati siano in possesso di attività che operano in settori molto diversi e che, nel tempo, risultano difficili da gestire. In questi casi, non è raro che il gruppo decida di snellire tali attività, in modo da concentrarsi sul core business e migliorare di conseguenza l'efficienza delle operazioni.
In generale, i motivi che spingono a disinvestire possono essere così semplificati:
- la necessità di focalizzare le energie e le risorse nel proprio core business e quindi vendere tutto ciò che sconfina l'attività prevalente;
- smettere di alimentare un investimento poco redditizio o che rende la situazione dell'azienda meno stabile;
- bisogno di liquidità;
- obbligo fissato per legge (in caso di fallimento, per esempio)
Operazioni di disinvestimento, qualche esempio
Il disinvestimento, dunque, può derivare da una strategia di ottimizzazione aziendale oppure essere determinato da circostanze esterne all'azienda. Si pensi a quei casi in cui le aziende che hanno investito in una particolare regione geografica, sono poi costrette a vendere gli asset per via dell’instabilità politica. È successo di recente a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina, quando molte multinazionali straniere hanno dismesso le attività nel Paese ma anche in Russia.
O a seguito dello scoppio della pandemia. In quest’ultimo caso l’effetto combinato del lockdown e del calo dei consumi, ha costretto molte imprese a chiudere filiali, reparti aziendale, o a vendere proprietà immobiliare e attrezzature per far fronte al crollo delle vendite e alla conseguente carenza di liquidità.
Per concludere
Indipendentemente dal motivo per cui un'azienda sceglie di adottare una strategia di disinvestimento, la vendita di beni, servizi e asset genera liquidità che può essere utilizzata altrove nell'organizzazione aziendale.
Ciò che talvolta gli amministratori e i manager sottovalutano è che la liquidità è variabile nel tempo. Spese impreviste, ritardi nell’incasso di fatture, incassi concentrati in un unico periodo dell’anno sono tutti elementi che finiscono per esporre le aziende a rischi di liquidità. Solo attraverso un monitoraggio costante e preciso dei flussi monetari in entrata e in uscita è possibile avere una fotografia veritiera sullo stato dei conti di un’azienda, ma anche una base solida per la formulazione di piano di cassa previsionale.
Ma come agire concretamente? Spesso le aziende fanno affidamento su dati non aggiornati né puntuali; su informazioni di tesoreria che sono gestite manualmente attraverso l’utilizzo di file Excel, spesso causa di errori manuali.
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