Autofattura: cos'è, come funziona, quando si emette

Nel corso di questo articolo vediamo come funziona l'autofatturazione con una panoramica completa di tutti i casi di emissione, spiegati singolarmente. Inoltre, vediamo anche il rapporto tra questo particolare tipo di fattura e la fatturazione elettronica, così come l'inserimento dell'IVA e le possibili sanzioni se non si rispetta la normativa.
L'autofattura è un particolare documento fiscale che, a differenza di una classica fattura, viene emesso dal cessionario/committente invece che dal cedente/prestatore. Ti è mai capitato di non ricevere la fattura di un tuo fornitore dopo aver usufruito di un suo servizio o completato l'acquisto di un bene?
Ecco, questa è solo una delle diverse circostanze che richiedono, per legge, l'emissione di un'autofattura. Conoscere e utilizzare correttamente il meccanismo delle autofatture è molto importante per tenere i propri conti sempre in ordine ed evitare sanzioni da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Cos'è la cosiddetta "autofattura"? La posizione di cedente e prestatore
L'autofattura è un documento fiscalmente valido praticamente identico a una fattura, con la differenza che a emetterlo non è il prestatore del servizio o il venditore di un bene (cedente), ma la persona che l'ha commissionato/acquistato (cessionario) e che assolverà l'imposta in sostituzione del primo. Si tratta, in altri termini, di una fattura che un soggetto passivo (impresa o privato) emette verso se stesso.
Le autofatture costituiscono quindi, da questo punto di vista, un'eccezione alle regole della fatturazione, le quali prevedono normalmente che a emettere il documento sia la persona che deve ricevere il pagamento (e non quella che deve effettuarlo). In alcuni casi, inoltre, il cedente/prestatore e il cessionario/committente sono di fatto lo stesso soggetto: ciò significa che l'operazione avviene a titolo gratuito.
Perché si emette autofattura? Dicitura TD20 e autoconsumo TD27
L'emissione di un'autofattura serve per regolarizzare ai fini fiscali (IVA) una determinata operazione nei casi espressamente previsti dalla legge (che vedremo nel dettaglio tra poco). In pratica, l'autofattura è uno strumento che consente di adempiere all'obbligo del versamento dell'IVA (in questo caso a carico del cessionario/destinatario).
Emettere un'autofattura, quando richiesta, permette anche di evitare di incorrere in sanzioni che possono pesare negativamente sulle casse aziendali.
Ma come si compila questo particolare tipo di fattura? Utilizzando la dicitura TD20 che, come vediamo nelle prossime righe, riguarda l'emissione di autofattura per regolarizzare e integrare le fatture, cioè sostanzialmente per mettersi in regola indicando però che si tratta di una casistica particolare e non di una normale fattura.
Le voci da compilare sono:
- nella sezione “Tipo documento”, il codice “TD20 – Autofattura per regolarizzazione e integrazione delle fatture”;
- nell'apposito campo “Dati del cedente/prestatore”, i dati relativi al fornitore che avrebbe dovuto emettere la fattura;
- nell'apposito campo “Dati del cessionario/committente”, i dati relativi al soggetto che emette e trasmette via SDI il documento;
- nell'apposito campo “Soggetto Emittente”, il codice “CC” (cessionario/committente).
Diverso invece l'utilizzo del codice TD27, il quale identifica le fatture (autofatture) emesse in relazione alle operazioni di autoconsumo o di cessione gratuita, ma senza rivalsa IVA. Per quanto riguarda la compilazione, è praticamente identica alla casistica appena vista in precedenza, ma con indicazione del codice TD27 anziché TD20.
Come fare autofattura?
Le informazioni necessarie per la compilazione dell'autofattura, oltre a quanto indicato in precedenza, sono semplicemente quelle richieste per una qualsiasi fattura, ovvero:
- gli identificativi fiscali del fornitore/cedente, come già anticipato;
- gli identificativi fiscali del committente/cessionario (partita IVA, denominazione, indirizzo fisico, indirizzo PEC), come già anticipato;
- il prezzo del prodotto/servizio acquistato e la relativa IVA, se necessaria;
- il numero della fattura;
- la data.
Qual è la differenza tra fattura e autofattura?
L'unica differenza tra i due documenti è che l'autofattura viene emessa verso se stessi.
All'interno di un'autofattura deve inoltre essere riportata la seguente dicitura: “autofatturazione di cui all’articolo 21, comma 6-ter del DPR n 633/72".
Quando si fa un’autofattura?
L'autofattura è un documento peculiare che si emette solo in specifici casi indicati dalla legge, in parte li abbiamo già anticipati. Entrando più nel dettaglio, questi sono i casi principali e più comuni nella vita di un'impresa di medie dimensioni:
- come denuncia in caso di mancato ricevimento della fattura da parte del fornitore/cedente (o se quest'ultimo ha emesso una fattura che presenta delle irregolarità);
- per la cessione gratuita di beni (omaggi);
- per l'autoconsumo di beni aziendali;
- per l'acquisto di beni o servizi extra UE;
- per acquisti effettuati da produttori agricoli in regime di esonero.
Di seguito li vediamo nel dettaglio, capendo meglio che tipo di situazione porta a queste casistiche per le PMI e non solo. Infatti, è bene sapere quando si presenta questa situazione e come si può prevenire ogni tipo di sanzione per la mancata emissione della fattura (obbligatoria per legge).
1. Autofattura come denuncia
Se, dopo l'acquisto di un bene o la prestazione di un servizio, il fornitore non invia la relativa fattura entro 4 mesi dalla data di effettuazione dell'operazione, è dovere del committente regolarizzare i conti attraverso l'emissione di un'autofattura e il versamento dell'IVA dovuta (tramite modello F24), pena l'addebito di una sanzione amministrativa pari al 100% dell'imposta (salvo ravvedimento operoso).
Lo stesso discorso vale nel caso in cui si riceva una fattura errata, che riporta un importo inferiore a quello corretto e che non venga seguita dall'invio nei 30 giorni successivi al momento di effettuazione dell'operazione di una nota di debito o nota di credito a correzione dell'errore.
In questo secondo caso, l'autofattura viene emessa per un importo pari alla differenza tra la cifra totale dovuta e quanto già fatturato. Altrimenti, il rischio sarebbe quello di pagare doppiamente l'IVA sulla merce in questione.
2. Autofattura per omaggi
Un altro caso che richiede il ricorso all'autofatturazione è quando l'azienda decide di dare in omaggio dei beni prodotti o commercializzati nell'ambito della propria attività.
In altre parole, se un'impresa regala ai propri clienti uno o più dei suoi prodotti è tenuta a registrare l'omaggio tramite l'emissione di un'autofattura che contenga l'importo dei beni ceduti a titolo gratuito e l'aliquota IVA. Rientra anche questo caso nella dicitura TD20 vista in precedenza.
Questa casistica è forse una delle meno conosciute e per questo motivo anche una delle meno rispettate: pochissimi imprenditori e titolari d'azienda sono a conoscenza di questa regola e pensano che la scelta di fare degli omaggi, cioè dei veri e propri regali, non preveda alcun obbligo dal punto di vista legale e fiscale. Non è così ed è fondamentale saperlo sia per non incorrere in sanzioni sia per fare considerazioni più accurate e ragionate sulla possibile scelta di fare omaggi, anche dal punto di vista della sostenibilità economica e fiscale.
3. Fattura per autoconsumo
Anche il consumo di prodotti aziendali per uso personale richiede l'emissione di un'autofattura. Ciò vale sia per l'autoconsumo interno (da parte dell'imprenditore o dei suoi soci) sia per l'autoconsumo esterno, ovvero quando i beni vengono utilizzati per motivi non correlati all'esercizio dell'attività.
In entrambi i casi, si tratta di un'operazione rilevante ai fini IVA che necessita la creazione di un'autofattura che indichi l'importo dei beni e la relativa imposta.
4. Autofatture estere per acquisto beni extra UE o autofattura in reverse charge
Per gli acquisti di beni o servizi da soggetti residenti in Paesi extra UE (che non hanno una stabile organizzazione in Italia) effettuati da acquirenti residenti in Italia è richiesta l'emissione di un'autofattura che permetta di regolarizzare le transazioni a fini IVA. Ciò non vale per l'importazione di beni, poiché in questo caso la bolletta doganale è un documento valido ai fini IVA.
Questa tipologia di fattura viene anche definita "reverse charge", che letteralmente significa inversione contabile. Infatti, la Legge di Bilancio 2021 ha previsto questa casistica (che poi vedremo che si sdoppia in reverse charge interno e reverse charge esterno) con applicazione a partire dal luglio 2022.
In questi casi si applica l'IVA, come abbiamo visto, ma non viene erogata direttamente all'emittente, ma sarà versata in maniera diretta all'erario. Il Fisco ha così modo di recuperare la giusta imponibilità con un canale più immediato, anche se il controllo del rispetto di questi requisiti e dell'effettiva emissione di fatture di questo genere non è così semplice.
Le motivazioni dell'introduzione di questa novità, infatti, sono da ricercare proprio nel tentativo di lotta all'evasione fiscale, facendo il possibile per rendere tracciabili i movimenti ma anche per semplificare il più possibile le procedure fiscali e incentivarne così l'utilizzo da parte delle aziende (si pensi anche alle piccole imprese, non particolarmente attrezzate e quindi bisognose di processi snelli e intuitivi).
Il reverse charge esterno e interno:
- Reverse charge esterno: riguarda le operazioni commerciali effettuate tra soggetti passivi IVA residenti in Stati membri dell'UE. In parole semplici, l’inversione contabile esterna trova applicazione per tutte quelle operazioni IVA rilevanti in Italia dal punto di vista territoriale, effettuate da soggetti non residenti in Italia nei confronti di soggetti passivi d'imposta italiani;
- Reverse charge interno: riguarda le operazioni commerciali effettuate tra soggetti passivi IVA residenti in Italia e dunque interno al territorio nazionale.
Per qualsiasi altra informazione specifica, suggeriamo di consultare un commercialista iscritto all'albo, che può fornire informazioni tecnicamente accurate sulla base della singola casistica. In questa sede è opportuno vedere invece la normativa generale, per poi applicarla caso per caso in base alle circostanza.
5. Autofattura agricola
Anche gli acquisti effettuati presso produttori agricoli esonerati dall'obbligo di fatturazione richiedono l'emissione di un'autofattura da parte dell'acquirente (quando quest'ultimo è un soggetto con partita IVA), al fine di compensare la quota IVA.
La normativa, come riportato sulla pagina dell'Agenzia delle Entrate, prevede che:
"In caso di acquisto di prodotti da un operatore agricolo in regime agevolato (art. 34, comma 6, del d.P.R. n. 633/72) da parte di un operatore IVA obbligato alla FE, quest’ultimo emetterà una fattura elettronica usando la tipologia “TD01” per conto dell’agricoltore venditore."
Questo regime speciale, inteso come l'esonero di fatturazione, cessa in caso di "superamento del limite dei 7.000 euro di volume d’affari annuo, la cessazione del regime speciale dal periodo d’imposta successivo, a condizione che non sia superato il limite di un terzo delle cessioni di beni diversi da quelli cui si applica il regime speciale di cui al comma 1 del medesimo art. 34. In tale ultimo caso occorre, invece, annotare tutte le fatture emesse e ricevute in apposito registro".
Come fare un'autofattura elettronica all'Agenzia delle Entrate? L'invio allo SDI
Come avviene per le fatture ordinarie, anche le autofatture rispondono alla normativa sulla fatturazione elettronica obbligatoria. Ciò significa che anche questo tipo di documento deve essere emesso in formato elettronico e trasmesso attraverso il Sistema di Interscambio (SDI), con la stessa procedura prevista per le fatture elettroniche. L'unica eccezione riguarda le autofatture per prestazioni fornite da soggetti extra UE, dove la fatturazione elettronica è facoltativa.
La compilazione dell'autofattura elettronica prevede gli stessi passaggi necessari per le fatture elettroniche, compresa la selezione del codice "tipo documento", che varia in base alla motivazione per cui si crea il documento. Di seguito vediamo i codici da utilizzare in base alle diverse situazioni, per chi non li avesse letti in precedenza perché interessato in particolare a questo paragrafo.
È il "tipo documento" da selezionare per l'emissione di un'autofattura elettronica di denuncia in seguito a mancata ricezione della fattura di un fornitore o alla presenza di irregolarità. Le autofatture elettroniche per autoconsumo, così come quelle per omaggi, riportano in entrambi i casi il codice TD27.
Sono i codici da utilizzare per le autofatture relative all'acquisto di beni o servizi da fornitori extra-UE. Più precisamente, TD17 è il codice di riferimento per le autofatture relative all'acquisto di servizi, mentre TD19 è il codice per l'acquisto di beni.
Le autofatture relative ad acquisti da imprese agricole in regime fiscale di esonero devono essere generate utilizzando il codice TD01.
Ricordiamo che l'autofattura deve essere inserita all'interno del registro delle fatture emesse entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione oggetto della fattura e nel registro degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale per la detrazione. Per l'IVA eventualmente riportata, le scadenze fiscali sono le medesime della normale IVA.
Autofatturazione e sanzioni: ecco le conseguenze per chi non rispetta l'obbligo
Se dovessi rilasciare una autofattura elettronica in ritardo o dovessi ometterla, sarai soggetto a una sanzione standard di 2€ per ciascuna fattura, fino a un massimo di 400€ al mese.
Tuttavia, è possibile dimezzare tale sanzione a 1€ per ciascuna autofattura se la emetti entro 15 giorni dalla scadenza. In tal caso, il limite mensile si riduce a 200€.
Ad esempio, se ricevi la fattura ad aprile, devi emettere l'autofattura elettronica entro il 15 maggio per non rischiare di ricevere una sanzione di: 2€ se non la emetti, 1€ se la emetti entro il 30 maggio dello stesso anno.
Se la fattura ritardata o mancante riguarda il pagamento dell'IVA, potresti incorrere in una multa aggiuntiva, specialmente per le fatture in reverse charge. In questo caso, le sanzioni variano da 500€ a 20.000€.
Tuttavia, è possibile ridurre la sanzione attraverso il ravvedimento operoso, pagando solo una frazione della multa, ad esempio 63€ invece di 500€. Naturalmente, la scelta migliore è quella di essere in regola con le scadenze, in modo da non rischiare alcuna multa che, in qualsiasi caso, può far perdere tempo e denaro, mettendo in difficoltà l'azienda.
Ricordiamo ancora una volta che dal primo di gennaio 2024 è obbligatorio emettere fatture in formato elettronico anche per i contribuenti che operano in regime forfettario.
Agicap: quando l'autofatturazione non basta
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